La
Dea Maya mentre “suona” simbolo delle sue lusinghe…
Se
consideriamo il Karma come una sorta di “banca dati” che ci consente di
verificare il passato (come causa) potremmo noi determinare il futuro (come
effetto)?
Ed
attraverso quale procedimento?
Sono
due (citando le principali) le filosofie (o mistiche, o religioni che dir si
voglia)utili a tracciare un filo conduttore che dipani le nebulosità della
questione, quella Buddhista e quella Qabalistica.
Dalla
prima ho estratto il concetto dell’impermanenza, del non attaccamento alle cose
(per non creare delle concrezioni karmiche) e dell’illusione che questo mondo
ci pone di fronte, chiamato il Velo di Maya o appunto, Velo dell’illusione.
Dalla
seconda ho tratto il concetto di indissolubilità tra Verbo, Numero, Energia,
Armonia e Creazione, ovvero la prova provata che il meccanismo numerico che
regola il multiverso ci pone davanti agli occhi una sorta di “schermo
cinematografico” in cui si dipana il film (karmico) dell’ esistenza che ci vede
protagonisti.
Ma il
carattere dell’ “estrazione” del dato che determina il futuro di un’azione,
avrà una fonte divinatoria o frutto di calcoli numerici, e se si, quali?
Ovvio
è che se la nostra curiosità sarà a breve scadenza (del tipo ho risposto male
al mio datore di lavoro quale sarà l’esito della situazione creata?) non
dovremo perderci in calcoli astrusi o machiavellici, ma se al contrario
dovessimo ricercare un effetto ad una causa creatasi migliaia di anni fa
dovremmo sicuramente attenerci a calcoli precisi e solidi. Prendendo in
considerazione il mondo della fisica,(ulteriore “branca” di studi utile per
capire il karma) il terzo principio della dinamica sostiene che ad ogni azione
corrisponde una reazione uguale e contraria. Anche se di origine assai remota,
tra i fondamenti del postulato karmico troviamo il medesimo principio
nell'affermazione che ogni evento discende da una causa e l’effetto può essere
estinto solo annullando la causa che l’ha manifestato. Da questa equazione
filosofica nasce il termine di karma che equivale alla correlazione
tra causa ed effetto.
Nei
termini di questa equazione filosofica è consequenziale ritenere che ogni
pensiero, parola ed ogni azione che vengano espresse, diano origine a catene di
complesse reazioni nella sfera fisico-emotiva tanto di chi le ha prodotte
quanto di chi ne è stato il bersaglio. Questo evidenzia per la prima volta un
nuovo assunto: il principio d’interazione che collega attraverso una catena
infinita di azioni-reazioni ogni componente dell’umanità.
Con
ciò, il modello karmico dimostra che nessun individuo è mai solo o scollegato
dai propri simili. Perché la filosofia karmica svela come ci siano azioni dalla
capacità reattiva assai lunga e come esistano cause che muovono effetti quasi
infiniti che, di volta in volta coinvolgono vasti settori dell’umanità svelando
l’esistenza di un destino comune .
Dai
canoni di questo insegnamento si desume che il destino non è affatto fatale né
imperscrutabile, ma discende da un processo coerente, che procede da cause
chiare e perscrutabili.
La
reattività karmica è mossa sostanzialmente da due fonti, perciò è detta
binaria.
La
fonte karmica più facilmente percettibile è quella d’origine individuale,
mentre la meno appariscente è quella generata da cause comuni a vasti segmenti
di umanità. (anche se Catastrofi, naturali, umanitarie, sociali etc… possono
comunque definirsi soggiacenti alle medesime leggi karmiche). Ma la fonte
suprema dell’attività karmica è la volontà individuale che, con emozioni,
passioni e desideri, genera un complesso sistema di relazioni retto da un
sistema binario minore. Quello dell’attrazione e della repulsione, che si va ad
intergare al “karma binario principale” spesso con “effetti farfalla” o “teorie
delle catastrofi”.
Ogni
cosa, fatto o persona che faccia insorgere emozioni attrattive (volontà di
pos-sesso) o repulsive (volontà distruttiva) inizia un’attività karmica. E
quanti sono coinvolti dall'attrazione o dalla repulsione, nonostante la
diversificazione dei ruoli, da attori o comprimari, restano comunque coinvolti
dagli effetti della propria volontà emotiva. (citando il libro “ Nulla succede
per caso” di Robert H Hopcke, la cui tematica tratta di coincidenze incredibili
in grado di modificare il corso della nostra esistenza e di effetti
sincronistici, mi viene in mente l’episodio di un uomo che non appena cambiava
lavoro, le varie aziende che lo avevano visto come dipendente erano destinate a
chiudere entro breve tempo).
Effetti
che anche quando prendessero la forma di fattore esterno, saranno sempre e solo
la reazione al proprio agire. E quando l’incontro avviene in un lontano futuro,
non potendone più discernere l’origine, viene avvolto da un alone di mistero
(vedi sopra). Questo è il destino, legato all'idea di fato e di fatalità
imperscrutabile. Eppure il destino potrebbe non avere una forma fortuita se la
sua causa è la volontà più o meno consapevole di un artefice, regista o attore.
E se il cosiddetto destino non è di natura fatale, allora, come viene
insegnato, con azioni acconce può essere incanalato, smussato, sviato e
ridotto. E questo è il fine ultimo della parte più esoterica dell’insegnamento.
Riuscire prima a convivere col proprio karma per poi usare la sua spinta per
raggiungere una meta che senza meno è condivisibile da entrambi (individualità ed
anima). Ma prima bisogna saperne riconoscerne le cause. Che possono essere
personali o provenienti da altri agenti, anche lontani, o ignorati, o
dimenticati.
Insomma,
un’intensa rete d’intenti relaziona l’attività karmica che sarebbe sbagliato
credere individuale. Perché tutto influenza tutti e tutti influenzano l’umanità
con fatti e pensieri che si proiettano moltiplicando i propri effetti fin dove
è possibile, congiungendosi tra loro per poi tornare alle fonti che li ha
generati.
In
questo panorama potremmo riconoscere come una sorta d’istinto di sopravvivenza,
permei il mondo delle idee, facendone una sfera mobile che vive di vita
propria. La sfera psichica che la scienza conosce come vita conscia, subconscia
e superconscia che, con il proprio impulso, sembrano spingere le idee a
sopravvivere anche ai propri artefici, associandosi tra loro e costituendo
alleanze con i meccanismi simili che trovano dentro e fuori la natura
umana.
Il
karma, si diceva, è il risultato di cause passate ma non estinte di
cui, volenti o nolenti, si dovranno risolvere gli effetti. Ed ogni risultato và
risolto, altrimenti va ad aggiungersi agli altri “nodi” di vita che finiscono
per bloccare il flusso dell’avanzamento individuale. Questo, in fondo, è il
senso del karma.
Un
meccanismo coscienziale della natura umana, che agisce per induzione come
la bilancia che ne è il simbolo . Un congegno che va capito per la sua
funzione e che, come altri meccanismi psichici, è inutile rifiutare o tentare
di sfuggire. Molto meglio assecondarne ragionevolmente le specificità,
moderandone gradualmente l’abbrivio che incide la nostra vita. Così da usare
l’intelligenza più che l’accettazione supina e attendista.
Ma
non tutti hanno la stessa visione. Taluni l’interpretano come un evento che
incombe minaccioso. Un fenomeno silente, oscuro e distaccato dalla realtà
umana.
Una
realtà a sé, chiamata Signore. Una divinità dalle origini contraddittorie che
agisce come una ruota, sorteggiando ora l’uno ora l’altro, destinando bene o
male con inspiegabili criteri.
Queste
confuse interpretazioni creano spavento e inducono a credere all’esistenza di
antipatie divine. Che molti cercano d’evitare immaginando prassi propiziatorie,
gradite alla divinità, che attirino simpatie celesti, evitino i giudizi più
critici, accattivandosene l’indulgenza con atti supplici (e qui parliamo di
superstizione fine a se stessa)
Ma
Riflettendo sul piano “divino” (quindi entrando in un terreno “magico –
Teurgico”) quell'attrazione-repulsione, fa si che si crei una corrente
“eggregorica” che vede l’atto “Dev” – ozionale come motore ed energia allo
stesso tempo di una deviazione karmica a nostro vantaggio (o a nostro
discapito?…)
La
Legge di Causa ed Effetto non è tanto figlia dell’azione quanto dell’intento
Il
moto karmico, non scaturisce tanto da azioni e da fatti quanto da scelte fatte
e da decisioni prese.
Questo
sottintende che il karma ha una causa più mentale che fisica, è indubbioche
ogni genere di azione possa solo conseguire alla volontà di chi l’ha concepita.
Allora,
piuttosto che discendere da concause fisiche sembra che ogni reazione karmica
abbia la propria causa nella volontà e nel pensiero. Ma pur appartenendo cause
e concause a piani diversi nel processo karmico, restano in stretta relazione,
anzi, i loro effetti non solo restano concomitanti ma si sommano e, per così
dire, si moltiplicano. Vediamo come.
I
pensieri che si muovono sui piani mentali, le parole che si muovono sui piani
emotivi e le azioni che si muovono sul piano fisico sono tutti generatori
karmici, ma movendosi simultaneamente producono i propri effetti su ogni
livello. Perciò, non meraviglia che una stessa causa venga a tracciare, con i
propri effetti, ogni piano coinvolto. Espandendo, così, e di molto, la sua
intromissione nei piani di coscienza dell’individuo che, per così dire, lo
subisce, complicandone parecchio le opportunità di replica.
Esorcizzare
un nodo karmico, però, non significa in alcun modo “risolverlo”. Inutile,
quindi, ricorrere a processi emotivi, deformati dal timore come quello della
speranza. Il karma è un meccanismo che trova il proprio impulso nell’energia
della coscienza. Una sorta d’imprinting mentale, insolubile sia dall’ottimismo
salvifico che in un sol tocco vorrebbe cancellata ogni imperfezione, che
dall’assolutismo pessimistico che sancisce solo drammi, colpe e punizioni.
In
realtà sia in natura naturante che in natura naturata,
non esiste nessuna relazione con il pessimismo (la malinconia) né con
l’ottimismo (l’ebbrezza), perché i “toni” che colorano le emozioni sono
l’espressione della natura passionale. Un prodotto artificiale della mente
fisica, che spesso trova le proprie ragioni in fattori biologici, chimici e in
alterazioni ormonali. E se i principi naturali,naturanti o naturati non
contemplano né pessimismo né ottimismo, sembra almeno stravagante la volontà di
sancire l’esistenza d’un elemento punitivo o salvifico sovrastante le cause.
Dunque
l’insegnamento karmico sembra una terza via. Una via di mezzo tra
il salvataggio gratuito e disimpegnato e le punizioni perenni sancite per colpe
momentanee.
La
terza via è quella della correzione attraverso l’esperienza. La comprensione
responsabile che consegue al riconoscimento dell’errore e la sua redenzione
attraverso una completa correzione tanto dell’effetto quanto della causa che
l’ha generato. Questa via parrebbe lo strumento ideale per migliorare sé
stessi. Perché solo cominciando ad educare profondamente sé stessi si può
pensare di migliorare l’umanità.
Non
rimane che considerare il karma come un procedimento che manifesta gli effetti
causati dalla volontarietà individuale, o di gruppo, riportandoli nella sfera
che li ha determinati. Procedendo con equilibrio e distribuendo competenze e
risorse in maniera né pessimistica né ottimistica ma “eguale”.
Questi
tre esempi mi hanno fatto riflettere che ne esiste un altro, una via che solo i
Guerrieri dell’Ombra conoscevano ed utilizzavano per non “appesantire” il loro
karma e poter accedere ugualmente alla liberazione dal samsara.
Questa
via si rivela attraverso due frasi:
Kajo
Waraku Kajo chikusei (Il cuore come un fiore, lo spirito come il bambù) ovvero,
nonostante io sia costretto, per portare a termine la missione che il karma
stesso mi ha affidato, a compiere azioni deplorevoli, il mio spirito, il mio
cuore e la mia anima, non saranno macchiate da sensi di colpa.
Banpen
Fugyô (non lasciare che nemmeno diecimila cambiamenti turbino il tuo spirito).
Da
quì la concezione che il vero iniziato alle Vie del Karma era colui il quale
sapeva come muoversi, non solo per non turbare il proprio karma, ma addirittura
per evolvere attraverso di esso, usando le trame del karma stesso come campo di
azione e reazione, al pari di un Ragno che si muova nella propria tela…
Prossimamente
tratterò dell’interpretazione del karma in base ed in funzione dei Numeri visti
come “Costante Multiversale” e nell’approccio Qabalistico attraverso Gematria,
Notariqon e Temurah.
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