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(La parabola del cieco che guida altri ciechi, Pieter Bruegel il Vecchio, 1568, immagine di wikimedia) |
Guardandomi in giro, leggo ed ascolto dei veri e propri
proclami di persone che invocano in tutte le forme di comunicazione possibili
la parola “libertà”. Libertà di espressione, libertà delle popolazioni
oppresse, libertà di pensiero, libertà come ricerca della verità.
Invocare la libertà di solito presuppone il fatto che si sia
in qualche modo prigionieri di qualcosa o di qualcuno, si cerca una
autodeterminazione e un affrancamento da una presunta situazione di schiavitù.
Quotidianamente siamo bombardati da notiziari che parlano di
guerre e di intere popolazioni oppresse in nome di una religione o da
estremismi religiosi, persone barbaramente uccise o torturate proprio da una
assenza di quella libertà da tutti reclamata.
La definizione contrapposta alla parola libertà è
“schiavitù”. Allora possiamo notare che esistono molte forme di schiavitù,
quella del fumo, quella dei vizi, quella delle “forma mentis”. Lev Tolstoj
disse che la schiavitù altro
non è che lo sfruttamento da parte di pochi del lavoro di molti, personalmente
lo adatterei nella frase “la schiavitù altro non è il vantaggio di pochi sullo
sfruttamento di molti”.
Non
dimentichiamoci dello sfruttamento psicologico che “la società” impone a se
stessa e capillarmente parlando, a tutti noi. Lo “status sociale” e uno
sfruttamento psicologico, la tensione sociale che giudica in base al possesso di
beni (auto, denaro, vestiti ed altro) o in base alla posizione lavorativa, ci
vede come schiavi mentali che lavorano per ottenere il meglio per se stessi
ottenendo invece un effimero benessere materiale. Tanto effimero quanto
inutile.
Emerge
quindi la necessità di porsi una domanda: “Cos’è la libertà”? Per dare una
definizione a questo termine troppo abusato bisogna scendere fino alle piccole
realtà quotidiane.
Partiamo
dal concetto di ordine e disordine con piccoli esempi; Il codice della strada
prevede che le biciclette non possono salire sul marciapiede, chi sale o
parcheggia la propria bicicletta è in multa (ricordo che un giorno - negli anni
’70 - trovai una multa tra la leva di un freno per parcheggio abusivo). Questo,
per quanto spiacevole, è ordine.
Oggi
chiunque parcheggia o circola con la bicicletta sul marciapiede e nessuno gli
fa più ne multa ne osservazione. Questo è disordine. Badate bene NON E’
LIBERTA’ è disordine.
Questo
è solo un piccolo esempio della realtà di tutti i giorni, ogni atto o gesto che
possa in qualche modo ledere l’altrui spazio vitale è DISORDINE e ANARCHIA (ordine
fondato sull'autonomia e la libertà degli individui). Se vogliamo parlare
dell’anarchia stradale possiamo prendere spunto per molti esempi: chi non ha
parcheggiato in doppia fila o occupato indebitamente uno spazio per
carico/scarico merci, o peggio ancora uno spazio per i portatori di handicap? O
Superato con doppia fila continua mettendo a rischio l’incolumità del prossimo?
Troppo
prolisso? Troppo capillare? Eppure è dalle piccole cose che si costruiscono le
grandi cose. Sono i piccoli gesti di ignoranza e maleducazione che creano il
mostro sociale del DISORDINE, mi perdonerete quindi se scenderò troppo nel
micro per spiegare il macro.
Se
poi vogliamo parlare della libertà di pensiero o della libertà dal sistema
creato dai media pagati dal potere per ingannare le masse, potremmo
tranquillamente estendere il concetto fin nei libri di storia. Il problema di
questa ricerca della libertà di pensiero è che porta a credere alle cose più
incredibili e indifendibili che la nostra immaginazione possa creare.
La
realtà che emerge quindi è quella che vede la maggior parte di persone, le
stesse che vogliono la libertà, che in realtà si creano da soli la loro
schiavitù personale.
In
realtà come è possibile vivere senza nemmeno un confine di riferimento? Senza
una educazione (che sia stradale o comportamentale), senza una regola? Potrebbe
esistere solo il bene assoluto? Questo non porterebbe ad uno squilibrio contrario?
Una dimostrazione? La corrente di “illuminati” che pretende di conoscere “i
segreti più nascosti” dei governi.
Oggi
vediamo una pletora di maestri,
insegnanti, dotti, tutti emersi come funghi dalla rete. Tutti improvvisati e convinti
di possedere la verità assoluta, quasi nessuno con una reale competenza e quasi
tutti ispirati dalla rete stessa. Questi “profeti” fanno le dichiarazioni più
ardite senza nemmeno uno straccio di prova a suffragio delle proprie ipotesi e
tutti fermamente convinti di ciò che asseriscono tacciando di “collaborazionismo”
tutti coloro che osano mettere in dubbio le loro affermazioni.
Da
questa “corrente di pensiero” emerge la volontà di uscire dal sistema (che
ormai viene definita “matrix”, ma che in realtà è un termine ripetuto a pappagallo
dalla maggior parte di chi lo utilizza senza saperne spiegare il significato).
Emerge qui un contesto a parte che è stato studiato anche da sociologi e
psicologi, questo “ambiente culturale” vede migliaia di persone che “trasmettono
ciò che gli è stato trasmesso”, senza dubitarne la fonte, o addirittura
utilizzando fonti assolutamente inaffidabili senza nemmeno una verifica. Ben
lontani dai veri studiosi dei fenomeni (ufologici o parapsicologici) che nei
decenni scorsi si mantenevano comunque ben saldi a prove circostanziate, a
testi verificabili o a fonti reperibili.
Nessuno
mai si è chiesto da dove i vari Adam Qadmon o i vari “divulgatori” recuperino
le loro fonti? Nessuno si è mai chiesto se queste fonti sono o non sono
attendibili?
Questo
vale anche per la “politica”, ci sono siti che montano ad arte situazioni, per
poi divulgarle, che vedono gli immigrati compiere azioni abiette con il
risultato che monta ancora di più l’avversione e la rabbia verso lo straniero.
Ebbene questi esempi a cosa portano? A una forma mentis (ovvero una SCHIAVITU’)
… Se da una parte il complottista prova dei sentimenti di frustrazione e
pessimismo verso il futuro, quello che vorrebbe vedere cambiare le cose nel
proprio paese invece risulta schiavo della rabbia e sentimento di aggressività
latente. Il tutto creato ad arte da terzi… Quindi tutti schiavi.
Nessuno
si accorge di fare la parte della pedina in una scacchiera già predisposta da qualcun
altro? Nessuno si accorge che le proprie azioni sono pilotate in una direzione
e che i movimenti sono già stati programmati? Alla fine ognuno vive un presunta
libertà data da una presunta verità, tutti in uno stato di schiavitù mentale
che toglie l’obbiettività e la discriminazione necessarie per poter produrre
una ricerca seria e costruttiva. Quindi? TUTTI SCHIAVI.
Nessuno
che si chieda chi paga lo stipendio ad Adam Qadmon? Chi paga lo stipendio ai
vari “informatori” di Adam Qadmon?
Qui
emerge la volontà di armare la mano i un bambino a cui non è stato insegnato il
concetto di bene e di male…. Attenzione, potrebbe sparare…
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