La karmanautica è un insieme sincretistico di Discipline Esoteriche e Strategie Marziali il cui scopo è la comprensione del rapporto tra cause ed effetto e modificare il karma a proprio favore .
sabato 21 marzo 2015
Agire con consapevolezza
Ogni giorno che inizia contiene i residui karmici dei giorni precedenti, agendo con consapevolezza si otterranno gli effetti e le reazioni desiderate, in quanto frutto di cause consapevolmente create.
Questo significa muoversi nel, e attraverso la matrice karmica, significa essere consci dei meccanismi che regolano i rapporti di azione e reazione, significa essere consci che tutto è collegato e che tutto è parte della Ragnatela Karmica che crea il "Velo dell'Illusione" in cui siamo materialmente immersi.
Significa avere scelto la pillola rossa.
Aforisma della karmanautica
Perdonare il prossimo è come perdonare se stessi, la serenità e la leggerezza, risultato di questa azione karmica, taglia i legami con qualsiasi negatività residua.
venerdì 20 marzo 2015
Banpen Fugyô - Non lasciare che nemmeno diecimila cambiamenti turbino il tuo spirito
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Chi la fa l'aspetti... |
A volte, nella vita, succedono situazioni che ti aggrediscono sotto mille forme diverse, e sono tutte tese a carpire la tua energia. Persone che creano situazioni svantaggiose, sfavorevoli, nocive. Consapevolmente o inconsapevolmente cercano di muovere i fili della vostra tela personale per potervisi aggrappare, godere delle vostre abilità e conoscenze per poterle sfruttare. Vittime di una cronica mediocrità, perennemente in conflitto con il prossimo, miserrime ed segretamente inaccettate e malviste anche dalle conoscenze più prossime. Questo è il quadro personale di certi involucri di cultura mal supportate da una intelligenza carente ed insufficiente a potersi integrare nella società, sciocche biblioteche ambulanti, pappagalli incapaci di mettere in pratica, cuochi dalle mille ricette memorizzate incapaci di cuocere persino un uovo.
Quale deve essere la risposta? Un katana che recida ogni filo che regge questi golem facendoli precipitare di nuove nell'inesistenza.
Una storia molto consona a come recidere ogni legame nocivo è data da questa storiella zen tratta da "101 Storie Zen" a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps.
Ah sì?
Il maestro di Zen Hakuin era decantato dai vicini per la purezza della sua vita.
Accanto a lui abitava una bella ragazza giapponese, i cui genitori avevano un negozio di alimentari. Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, i genitori scoprirono che era incinta.
La cosa mandò i genitori su tutte le furie. La ragazza non voleva confessare chi fosse l'uomo, ma quando non ne poté più di tutte quelle insistenze, finì col dire che era stato Hakuin.
I genitori furibondi andarono dal maestro. «Ah sì?» disse lui come tutta risposta.
Quando il bambino nacque, lo portarono da Hakuin. Ormai lui aveva perso la reputazione, cosa che lo lasciava indifferente, ma si occupò del bambino con grande sollecitudine. Si procurava dai vicini il latte e tutto quello che occorreva al piccolo.
Dopo un anno la ragazza madre non resistette più. Disse ai genitori la verità: il vero padre del bambino era un giovanotto che lavorava al mercato del pesce.
La madre e il padre della ragazza andarono subito da Hakuin a chiedergli perdono, a fargli tutte le loro scuse e a riprendersi il bambino.
Hakuin non fece obiezioni. Nel cedere il bambino, tutto quel che disse fu: «Ah sì?».
lunedì 16 marzo 2015
Quel geometra del Dio!!!
Per evitare ogni qualsivoglia polemica (dagli integralisti agli integrati, dai "cristi" agli "ani") ho voluto generalizzare il principio (principii) creatore/i con il vocabolo "Dio". Nessuno me ne voglia ma guardate ed immergetevi nel mistero suggestivo del numero fatto energia e a sua volta caduto nella materia. Il passaggio dall'ideato al realizzato è estremamente chiarificante!
domenica 15 marzo 2015
Macrocosmo e microcosmo un rapporto karmico consequenziale
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una.
"Il testo era inciso su una lastra di smeraldo ed è stato tradotto dall'arabo al latino nel 1250.
Esso rappresenta il documento più celebre degli scritti ermetici ed è attribuito allo stesso Ermete Trismegisto". (fonte wikipedia)
Esso rappresenta il documento più celebre degli scritti ermetici ed è attribuito allo stesso Ermete Trismegisto". (fonte wikipedia)
Questa fotografia dimostra ancora una volta i rapporti che intercorrono tra il Macrocosmo ed il microcosmo. Di quali prove abbiamo ancora bisogno per capire che l'uomo è ad immagine e somiglianza con il tutto?
"Macrocosmo e microcosmo sono in ambito tantrico, ermetico ed esoterico due concetti che rimandano ad un realtà che di per sé costituirebbe un insieme indivisibile, una unità dove le parti (il microcosmo) sono in rapporto ad un tutto (il macrocosmo).
L'utilizzo di questi due concetti di macrocosmo riferito al tutto e di microcosmo per la parte del tutto che però a sua volta riproduce in piccolo il tutto, implica che il ricercatore, l'esoterista così come il fisico, postulino l'unità del loro oggetto di studio. Questi due concetti quindi, al di là del modo in cui vengono esplicitati nel concreto, nella sua essenza rimandano comunque ad un modello esplicativo unitario del sapere. Nel concreto, per esempio, per la filosofia ermetica il microcosmo era costituito dall'uomo mentre l'universo definiva il macrocosmo".
(fonte wikipedia)
"Macrocosmo e microcosmo sono in ambito tantrico, ermetico ed esoterico due concetti che rimandano ad un realtà che di per sé costituirebbe un insieme indivisibile, una unità dove le parti (il microcosmo) sono in rapporto ad un tutto (il macrocosmo).
L'utilizzo di questi due concetti di macrocosmo riferito al tutto e di microcosmo per la parte del tutto che però a sua volta riproduce in piccolo il tutto, implica che il ricercatore, l'esoterista così come il fisico, postulino l'unità del loro oggetto di studio. Questi due concetti quindi, al di là del modo in cui vengono esplicitati nel concreto, nella sua essenza rimandano comunque ad un modello esplicativo unitario del sapere. Nel concreto, per esempio, per la filosofia ermetica il microcosmo era costituito dall'uomo mentre l'universo definiva il macrocosmo".
(fonte wikipedia)
Ancora una volta sono gli antichi insegnamenti a suggerire una delle tante verità...
sabato 14 marzo 2015
Gli intenti del blog "Officina di Karmanautica"
Lo scopo di questo blog è quello di trasmettere concetti,
pensieri e nozioni, attraverso articoli che possano far riflettere sullo stato di schiavitù mentale a
cui è sottoposto l’uomo moderno e a quanto sia fondamentale discernere, secondo
priorità, l’importanza del non-attaccamento al superfluo ed al non necessario.
Oggi siamo tutti immersi in un mondo parallelo basato sulla
falsa informazione, sia sotto forma di pubblicità, sia come distorsione dei
fatti reali., si rende quindi necessario un risveglio che tagli le pastoie che
imprigionano la mente facendo si che l’uomo possa riprendersi quella libertà di
pensiero e di azione che gli è stata tolta attraverso anni di condizionamenti.
Gli argomenti del blog saranno quindi indirizzati verso uno
sviluppo progressivo che ha come scopi:
1) Rendere consapevoli i lettori delle priorità
dell’esistenza a partire dal quotidiano
2) Rendere consapevoli i lettori della schiavitù
mentale ed emozionale in cui versano, complici le false informazioni e le false
priorità su di una presunta prosperità materiale che, come un miraggio
irraggiungibile per i più, toglie l’attenzione alla più raggiungibile
realizzazione attraverso la semplicità e la genuinità delle “cose semplici”.
3) Educarli verso una predisposizione ad un “lavoro
di specchio” in cui possano rendersi conto degli errori (vedi punto 2)
4) Trasmettere i concetti basilari della
Karmanautica (consapevolezza sulla gestione della propria emotività. Come
abbiamo già potuto constatare precedentemente, le emozioni eccessive toglierebbero
energia al nostro sistema psicofisico).
5) Dare vita ad una consapevolezza collettiva che
possa distogliere l’attenzione e le energie ad essa correlate per creare i
presupposti ad una nuova società basata sulla presenza in se stessi.
Cos’è la Karmanautica? Non è un compito semplice definirla
correttamente; non è una scienza, non è una filosofia, non è mistica, ma è un
insieme di tutte queste conoscenze unite in proporzioni variabili.
La karmanautica è un insieme sincretistico di Discipline
Esoteriche, Teorie fisiche quantistiche e Strategie Marziali il cui scopo è la
comprensione del rapporto tra cause ed effetto e, grazie alla comprensione dei
meccanismi probabilistici con cui si muove il karma, poterne trarre i segnali
per modificare gli effetti a proprio vantaggio.
E’ composta da una parte teorica tesa a capire cos’è il
karma, dove e come agisce e come modifica la nostra vita e da una parte pratica
formata dall’applicazione di Strategie Marziali utilizzate anticamente dai
Ninja (in quanto guerrieri il cui vantaggio era l’adattabilità a qualsiasi
situazione).
Per gestire il terreno in cui la karmanautica può essere
utilizzata è necessario conoscere dove e come si è creato il Punto Zero della
Creazione.
Questo è importante anche per capire il funzionamento del
karma.
Altro aspetto importante è capire come il karma influenzi la
nostra vita attraverso “meccanismi aggiunti” (vedi ad esempio la memetica) e
tutte quelle forme di coercizione che ci controllano suggerendoci delle scelte
non nostre.
venerdì 13 marzo 2015
In questo mondo di schiavi
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(La parabola del cieco che guida altri ciechi, Pieter Bruegel il Vecchio, 1568, immagine di wikimedia) |
Guardandomi in giro, leggo ed ascolto dei veri e propri
proclami di persone che invocano in tutte le forme di comunicazione possibili
la parola “libertà”. Libertà di espressione, libertà delle popolazioni
oppresse, libertà di pensiero, libertà come ricerca della verità.
Invocare la libertà di solito presuppone il fatto che si sia
in qualche modo prigionieri di qualcosa o di qualcuno, si cerca una
autodeterminazione e un affrancamento da una presunta situazione di schiavitù.
Quotidianamente siamo bombardati da notiziari che parlano di
guerre e di intere popolazioni oppresse in nome di una religione o da
estremismi religiosi, persone barbaramente uccise o torturate proprio da una
assenza di quella libertà da tutti reclamata.
La definizione contrapposta alla parola libertà è
“schiavitù”. Allora possiamo notare che esistono molte forme di schiavitù,
quella del fumo, quella dei vizi, quella delle “forma mentis”. Lev Tolstoj
disse che la schiavitù altro
non è che lo sfruttamento da parte di pochi del lavoro di molti, personalmente
lo adatterei nella frase “la schiavitù altro non è il vantaggio di pochi sullo
sfruttamento di molti”.
Non
dimentichiamoci dello sfruttamento psicologico che “la società” impone a se
stessa e capillarmente parlando, a tutti noi. Lo “status sociale” e uno
sfruttamento psicologico, la tensione sociale che giudica in base al possesso di
beni (auto, denaro, vestiti ed altro) o in base alla posizione lavorativa, ci
vede come schiavi mentali che lavorano per ottenere il meglio per se stessi
ottenendo invece un effimero benessere materiale. Tanto effimero quanto
inutile.
Emerge
quindi la necessità di porsi una domanda: “Cos’è la libertà”? Per dare una
definizione a questo termine troppo abusato bisogna scendere fino alle piccole
realtà quotidiane.
Partiamo
dal concetto di ordine e disordine con piccoli esempi; Il codice della strada
prevede che le biciclette non possono salire sul marciapiede, chi sale o
parcheggia la propria bicicletta è in multa (ricordo che un giorno - negli anni
’70 - trovai una multa tra la leva di un freno per parcheggio abusivo). Questo,
per quanto spiacevole, è ordine.
Oggi
chiunque parcheggia o circola con la bicicletta sul marciapiede e nessuno gli
fa più ne multa ne osservazione. Questo è disordine. Badate bene NON E’
LIBERTA’ è disordine.
Questo
è solo un piccolo esempio della realtà di tutti i giorni, ogni atto o gesto che
possa in qualche modo ledere l’altrui spazio vitale è DISORDINE e ANARCHIA (ordine
fondato sull'autonomia e la libertà degli individui). Se vogliamo parlare
dell’anarchia stradale possiamo prendere spunto per molti esempi: chi non ha
parcheggiato in doppia fila o occupato indebitamente uno spazio per
carico/scarico merci, o peggio ancora uno spazio per i portatori di handicap? O
Superato con doppia fila continua mettendo a rischio l’incolumità del prossimo?
Troppo
prolisso? Troppo capillare? Eppure è dalle piccole cose che si costruiscono le
grandi cose. Sono i piccoli gesti di ignoranza e maleducazione che creano il
mostro sociale del DISORDINE, mi perdonerete quindi se scenderò troppo nel
micro per spiegare il macro.
Se
poi vogliamo parlare della libertà di pensiero o della libertà dal sistema
creato dai media pagati dal potere per ingannare le masse, potremmo
tranquillamente estendere il concetto fin nei libri di storia. Il problema di
questa ricerca della libertà di pensiero è che porta a credere alle cose più
incredibili e indifendibili che la nostra immaginazione possa creare.
La
realtà che emerge quindi è quella che vede la maggior parte di persone, le
stesse che vogliono la libertà, che in realtà si creano da soli la loro
schiavitù personale.
In
realtà come è possibile vivere senza nemmeno un confine di riferimento? Senza
una educazione (che sia stradale o comportamentale), senza una regola? Potrebbe
esistere solo il bene assoluto? Questo non porterebbe ad uno squilibrio contrario?
Una dimostrazione? La corrente di “illuminati” che pretende di conoscere “i
segreti più nascosti” dei governi.
Oggi
vediamo una pletora di maestri,
insegnanti, dotti, tutti emersi come funghi dalla rete. Tutti improvvisati e convinti
di possedere la verità assoluta, quasi nessuno con una reale competenza e quasi
tutti ispirati dalla rete stessa. Questi “profeti” fanno le dichiarazioni più
ardite senza nemmeno uno straccio di prova a suffragio delle proprie ipotesi e
tutti fermamente convinti di ciò che asseriscono tacciando di “collaborazionismo”
tutti coloro che osano mettere in dubbio le loro affermazioni.
Da
questa “corrente di pensiero” emerge la volontà di uscire dal sistema (che
ormai viene definita “matrix”, ma che in realtà è un termine ripetuto a pappagallo
dalla maggior parte di chi lo utilizza senza saperne spiegare il significato).
Emerge qui un contesto a parte che è stato studiato anche da sociologi e
psicologi, questo “ambiente culturale” vede migliaia di persone che “trasmettono
ciò che gli è stato trasmesso”, senza dubitarne la fonte, o addirittura
utilizzando fonti assolutamente inaffidabili senza nemmeno una verifica. Ben
lontani dai veri studiosi dei fenomeni (ufologici o parapsicologici) che nei
decenni scorsi si mantenevano comunque ben saldi a prove circostanziate, a
testi verificabili o a fonti reperibili.
Nessuno
mai si è chiesto da dove i vari Adam Qadmon o i vari “divulgatori” recuperino
le loro fonti? Nessuno si è mai chiesto se queste fonti sono o non sono
attendibili?
Questo
vale anche per la “politica”, ci sono siti che montano ad arte situazioni, per
poi divulgarle, che vedono gli immigrati compiere azioni abiette con il
risultato che monta ancora di più l’avversione e la rabbia verso lo straniero.
Ebbene questi esempi a cosa portano? A una forma mentis (ovvero una SCHIAVITU’)
… Se da una parte il complottista prova dei sentimenti di frustrazione e
pessimismo verso il futuro, quello che vorrebbe vedere cambiare le cose nel
proprio paese invece risulta schiavo della rabbia e sentimento di aggressività
latente. Il tutto creato ad arte da terzi… Quindi tutti schiavi.
Nessuno
si accorge di fare la parte della pedina in una scacchiera già predisposta da qualcun
altro? Nessuno si accorge che le proprie azioni sono pilotate in una direzione
e che i movimenti sono già stati programmati? Alla fine ognuno vive un presunta
libertà data da una presunta verità, tutti in uno stato di schiavitù mentale
che toglie l’obbiettività e la discriminazione necessarie per poter produrre
una ricerca seria e costruttiva. Quindi? TUTTI SCHIAVI.
Nessuno
che si chieda chi paga lo stipendio ad Adam Qadmon? Chi paga lo stipendio ai
vari “informatori” di Adam Qadmon?
Qui
emerge la volontà di armare la mano i un bambino a cui non è stato insegnato il
concetto di bene e di male…. Attenzione, potrebbe sparare…
domenica 8 marzo 2015
Ego
L’ego si autosostiene ed autoalimenta attraverso l’affermazione di se e la propria egocentricità, non si può uccidere l’ego, è necessario piuttosto soggiogarlo agendo con consapevolezza.
Come possiamo sostenere di uscire dal tessuto karmico se non ne eliminiamo gli agganci tra esso e la nostra mente? Fermorestando che essendo formato dal passaggio tra unità e dualità non ne saremmo svincolati che al momento della divisione del nostro corpo nei suoi elementi.
Se ogni senso (Skanda) lo superalimentiamo e se alimentiamo odio, rancore, superbia, superiorità e tutti gli analoghi sentimenti negativi come potremo definirci “liberi e sollevati” dal tessuto karmico? Senza parlare del rischio di prendere questo impegno come un autoelevazione egoica, sarebbe la beffa aggiunta al danno! Se ci elevassimo credendo di trascendere ogni legame e guardassimo il prossimo come se fossimo arrivati alla “Buddhità” saremmo arrivati solamente a “rompere il nostro uovo”
Studiare, studiare, studiare… ma APPLICARE ciò che si è studiato (ora, ora, ora et LABORA) altrimenti saranno solo vane parole e fumo di fornace, nulla a che fare con la trasformazione di se stessi.
Anche chi ha compreso e si permette di consigliare gli altri può farlo, sentendosi magari ferito se qualcuno ha ancora qualcosa da insegnargli dimostrando così la presenza “libera e parassitaria” del proprio ego, dimenticando che chi ha intrapreso questa strada di studio ed introspezione non deve dimostrare nulla, ma solo indicare a chi è arrivato dopo la strada tracciata prima.
Ora chi ha in cuor suo la sicurezza di non alimentare con sentimenti negativi il proprio “ospite”?
Sarebbe necessario “agire senza agire”, simile al Wu Wei taoista, applicare la non-azione, o non soffermarsi sull’azione per fare si che l’anima stessa non divenga simbiotica attraverso e con quella determinata azione.
Il wu-wei non è da confondersi ad un mero fare nulla, ad una inerzia inconsapevole, bensì aderire ad un comportamento libero da desideri egoici e da ambizioni profane, unica prerogativa di questo mondo.
Huai nan-tzu afferma che:” Colui che segue l’ordine naturale fluisce nella corrente del Tao”
Si dice che la condizione ideale nella quale la Virtù (Tê), di ogni parte del tutto possa dispiegarsi completamente è che nella Via tutto si sviluppi spontaneamente, senza costrizioni ne frizioni tra le parti del meccanismo karmico. Colui il quale ha oltrepassato il “sonno durante la veglia” deve proprio seguire il flusso, cavalcare le onde karmiche, consapevole che se naviga con l’onda a fianco si capovolgerà sicuramente, se invece la saprà oltrepassare la sua barca sarà inaffondabile e non arrecherà nel tessuto karmico nessuna perturbazione di causa/effetto, nessun fenomeno naturale anormale e nessun disordine negli affari del mondo.
Colui che ha subito il risveglio deve controllarsi severamente in tutte le sue azioni considerandole come una microragnatelatela integrata in una macroragnatela, ogni movimento ed azione sconsiderata contravverrà alla natura delle cose e porterà conseguenze negative, al pari di chi applica il vuoto mentale chi pratica l’inattività non starà fermo aspettando che la montagna crolli, ma si muoverà in sintonia con essa, sapendo che quando questo avverrà nemmeno un granello di polvere gli cadrà addosso, ricordando che “Quando la mente è turbata, si produce il molteplice, ma il molteplice scompare quando la mente si acquieta”.
Lao-tzu ha dato una versione del flusso del velo karmico che ha espresso nel Tao Tê Ching, Fo Hi scrisse il Libro dei Mutamenti, un testo (pseudo) divinatorio che mostra il flusso karmico ad “Effetto Farfalla”, infatti nei commentari confuciani delle “Dieci Ali” ha grande importanza l’aspetto dinamico dei feno(u)meni. La trasformazione incessante di tutte le cose e di tutte le situazioni è il messaggio essenziale del “I Ching”. Nel Buddhismo molti sono i riferimenti al Velo di Maya ed all’impermanenza vista (ma soprattutto vissuta) come non-attaccamento a questo mondo fittizio e virtuale, non per nulla la parola karma ha come radice Kri, che significa “fare radice”. (vedi il concetto soprastante), la Qabalah ebraica mostra (al pari della Meccanica e fisica quantistica, vedi Bohm, Heisemberg, Barrow, Maxwell, Feynman, solo per citarne alcuni) che la creazione avviene attraverso uno “schema a cascata” dimostrato graficamente (e filosoficamente) nell’Albero Sephirotico. Come si può evincere che non siamo scopritori, semmai siamo fruitori di una conosc(i)enza già esistente, solo applicando queste “nozioni di viaggio” riusciremo a passare l’esame della “pesatura del cuore” e sconfiggere il Samsara, che è la ri-caduta nel Velo Karmico.
Mi viene in mente un aneddoto buddhista che può far capire come si esprima il karma, narra di un saggio (un Illuminato, ma da cosa? Da una Luce! Ma quale Luce? Della Conoscenza! Ma chi da la conoscenza? Colui/Lei che porta la Luce!), che guardava una pagina, e dentro questa pagina si accorge che c’era una nuvola, infatti senza nuvola non c’è pioggia e senza pioggia gli alberi non crescono! E senza alberi non possiamo fare la carta! Quindi se c’è questa pagina è anche grazie a quella nuvola, possiamo dire quindi che la nuvola e la pagina “inter-sono”, però guardando attentamente vedremo anche in questa pagina la luce del sole, ma anche il tempo, lo spazio, la terra i minerali del terreno, ed io aggiungerei anche (senza avere la presunzione di aggiungere nulla di ciò che aveva dedotto il nostro saggio) che oltre a questi fattori inter-agenti alla pagina,vedo anche il sudore di chi l’ha pressata, il pranzo che ha dato forza all’operaio, alla volontà muliebre di chi ne ha cucinato il pasto, di chi ha coltivato o allevato gli alimenti che ne hanno dato costituzione, di chi ha portato gli ingredienti al commerciante che li ha venduti alla moglie dell’operaio, e così via fino all’inizio di tutte le cose…
Putroppo al momento siamo vincolati da questa “ragnatela karmica” da eventi tracciati prima della nostra nascita, tutto sta a stabilire chi sarà ragno e chi mosca… a questo serve anche “morire” e rinascere iniziaticamente, per spezzare tutti i fili della ragnatela, tabula rasa necessaria per crearne una nuova dopo la raggiunta consapevolezza.
Per finire(?) posso solo aggiungere le parole del saggio taoista Chuang-tzu :”Il fine della nassa è il pesce: preso il pesce metti da parte la nassa. Il fine del calappio è la lepre: presa la lepre metti da parte il calappio. Il fine delle parole è l’idea: afferrata l’idea metti da parte le parole”
Considerazioni ufologiche e qualche ricordo lontano
Correva l’anno 1973, alla veneranda età di 10 anni, il mio
corpo correva forsennato e giocava con gli amici dei tempi passati; direi dei
bei tempi passati.
Un gelato costava 150 lire ed in voga andava il “Draculino”
un ghiacciolo colorato di nero e l’interno rosso che macchiava la lingua. La
mia mente correva più veloce del corpo, inquieta e sempre scontenta, come alla
ricerca di qualcosa, consapevolmente incompleta. In questa epoca di benessere
sociale in cui quasi tutti avevano la televisione si assistette ad un fiorire
di bizzarre teorie che parlavano di extraterrestri e di dischi volanti,
cavalcando il successo delle missioni spaziali americane (chi non ricorda il
mitico “doppio allunaggio” raccontato da Tito Stagno e Ruggero Orlando in cui
si litigarono l’esclusiva del prodigioso evento?) e dai primi film di
fantascienza trasmessi in Italia. Ricordo come fosse ieri il robot Klaatu del
film “Ultimatum alla Terra” che mi impressionò tantissimo, ed i primi telefilm
U.F.O. Shado che venivano messi in onda la domenica pomeriggio (dopo il Dottor
Balthazar, lo so, molti di voi non sanno di cosa parlo) dove gli extraterrestri
erano cattivi e dovevano essere neutralizzati dalla SHADO, una organizzazione
governativa segreta che aveva il compito di tenere all’oscuro i terrestri dalla
presenza minacciosa degli alieni.
In questo clima di ingenuità e leggerezza quasi
inconsapevole, nacquero i primi “gruppi di studio” dai nomi eloquenti come il
Gruppo “Cheope 2001” (che ricordava il film 2001 Odissea nello spazio di un
grande Kubrick datato 1968) o il C.U.N (Centro Ufologico Nazionale) che negli
anni successivi iniziò ad essere additato per presunti contatti con la CIA con
timore quasi reverenziale, C’era il C.I.S.U (Centro Italiano Studi Ufologici).
In un periodo che si può definire molto breve, in Italia fiorirono quasi
trecento gruppi il cui entusiasmo superò di gran lunga la perizia negli studi.
Ripeto, bei tempi.
Usci in quel periodo una rivista che trattava delle mie
amate ricerche, si chiamava “Il Giornale dei Misteri” e mi accompagno per gran
parte delle mie “escursioni nell’ignoto”, mio “hobby” preferito che sostituì
ben presto il dovere scolastico con rovinosi risultati. Da quegli anni di
grandi meraviglie (Iniziarono ad essere presenti in tv i robot come protagonisti
dei film di fantascienza) uscirono nelle librerie i primi libri che trattavano
di ufologia e di archeologia spaziale, da Peter Kolosimo a Andrew Tomas, da
Raymond Drake a George Adamsky. Come fiammiferi gettati nella benzina fecero
letteralmente scoppiare l’entusiasmo dell’Italia verso i dischi volanti (al
tempo l’inglese era ostico alla maggior parte degli italiani e “Flying Saucers”
risultava troppo difficile da pronunciare) ed anche i giornali scandalistici e
di attualità iniziarono a parlare degli “omini verdi” definendoli “marziani”.
Quel fenomeno che era iniziato in sordina con i primi
articoli tra il serio e il faceto presenti nella “Domenica del Corriere”,
divenne in pochi anni di carattere virale e divisero gli italiani tra
possibilisti e scettici ad oltranza (con tanto di sberleffo all’indirizzo di
chi, al contrario, credeva all’esistenza degli UFO).
Gli anni ’80 videro una sorta di mutazione con una serie di
informazioni più capillari e accurate, provenienti da fonti governative e da
scienziati “gole profonde” come il famoso (o famigerato) Bob Lazar, e si iniziò
a parlare di strategie militari per disinformare il pubblico e gli ufologi, se
prima guardavano il cielo pieni di speranza (chi può dimenticare i
numerosissimi Skywatch che si organizzavano negli anni d’oro dell’ufologia?) da
quell’epoca in poi iniziarono a parlare l’oscuro linguaggio dei complottisti.
In un ventennio i termini classici dell’ufologia “nostrana” mutarono
in Cover up, debunking, disclosure, gatekeeper, Congiura del silenzio, Grande
gioco, Nuovo Ordine Mondiale, e contribuirono ad un crescendo di grevità,
sostituendo il sentimento di curiosità nel fenomeno UFO in quello dell’immanenza
catastrofica che ora vede il fenomeno come intriso di apocalisse e distruzioni
di massa.
Grazie anche a trasmissioni televisive che sembrano volere
infondere nello spettatore un allarmismo rendendolo così vittima di un vero e
proprio terrorismo psicologico, le informazioni sugli Extraterrestri (divenuti col
passare degli anni “Alieni”) si impastano con le manovre scellerate di un
presunto Nuovo Ordine Mondiale, in cui gli Illuminati e la Massoneria tessono
le trame di complotti contro l’umanità.
Ecco come un fenomeno che all’inizio raggruppava più persone
in un clima entusiasmante e positivo si è mutato in un racconto a tinte fosche
dove l’uomo è vittima e la terra svenduta ad alieni rettiloidi. Dove sta la
verità? Sinceramente non lo so. La causa? Non la conosco,ma l’umanità
percepisce realmente un disagio interiore, un senso di imminente ed imminente
che ha tolto le speranze a molte persone.
mercoledì 4 marzo 2015
Karmanautica e Meccanismi Karmici Applicati o Karmacibernetica
Questa definizione ha l’intenzione di fissare il rapporto idealmente esistente tra “Karma” (inteso come sintesi dei rapporti tra causa ed effetto o azione e reazione) e l’atto di “navigare” in esso, conoscendo attraverso studi ben strutturati il movimento karmico, divenendo quindi padroni del proprio agire in esso.
Qui il riferimento alla Cibernetica risiede nel nome stesso che la definisce, Kybernetes (timoniere, pilota o “nocchiero” ), in questo accostamento emerge lo scopo della Karmanautica, ovvero saper riconoscere gli eventi suddividendoli in cause ed effetti discernendo i meccanismi che determinano gli effetti attraverso il riconoscimento delle cause.
Come nel Ninjutsu, (la cui parte strategica è facente parte della struttura didattica ed operativa della Karmanautica) così la Karmanautica insegna a rompere il rapporto di causa ed effetto, o, attraverso una giusta strategia, a volgere gli eventi a proprio favore.
Vivere è come nuotare nel Karma, se ti immergi sarai simile alle bestie e vivrai in balia dei Cinque Skanda, se tieni la testa fuori dall’acqua vedrai le umane miserie e potrai lavorare su te stesso per migliorarti, se volerai sulle acque vedrai come si muove il Karma e sarai in grado di vederne le trame (Aforisma della Karmanautica)
Da questo aforisma si evince come il Karmanauta deve saper gestire le proprie emozioni per poter controllare i più immediati rapporti di causa ed effetto che emergono dalla matrice stocastica (vedi Processo Markoviano o Proprietà di Markov) (da ricordare lo stretto rapporto tra Karma, Sensi del corpo o Skanda ed emozioni). Chi riesce a navigare nel mare degli eventi karmici sarà in grado di aiutare chi si trova in difficoltà o causare eventi nefasti a proprio piacere.
(N.B. Kuji Ashi e comportamenti analoghi nel quotidiano)
Chi comprende le leggi della Karmanautica e ne capisce il funzionamento, sa che ad ogni azione comprende una reazione, non necessariamente uguale e contraria, ma rapportata alla causa scatenante quindi sa come agire senza perturbare il proprio karma. Chi al contrario non tiene conto dei suoi principi basilare o non si uniforma ad essi è causa stessa dei propri mali.
Le teorie della Karmanautica hanno radici antiche e appendici nuove, si avvalgono di antichi Dogmi che narrano di corrispondenza tra Alto e basso e di nozioni di Casualità, causalità, Effetto Farfalla e Teoria delle Catastrofi, il tutto per sapersi muovere nella Ragnatela creata dalle Leggi di Causa ed Effetto.
Semplice constatazione: Avete notato che più avete fretta più persone avete tra i piedi? Qualsiasi mezzo di locomozione abbiate ci sarà sempre qualcuno che vi impedisce un fluente passaggio ostacolandovi e facendovi perdere tempo. Questo è dovuto al fatto che voi avete fretta e procedete velocemente trovando davanti chi, al contrario, fretta non ne ha.
Questo è assolutamente matematico e calcolabile quindi è inutile perdere le proprie energie reagendo con stizza o nervosismo.
Mantenere un corretto atteggiamento consapevole farà si che evitiate di perdere ulteriore tempo e magari che conserviate la calma necessaria per affrontare più serenamente la vostra esistenza.
EXIT – Officina di Karmanautica e Consapevolezza
Comunico che a breve si costituirà l’Associazione EXIT – Officina di
Karmanautica e Consapevolezza dopo una necessaria ristrutturazione
dell’organico. Tali scelte sono dettate da una reale necessità di poter
interagire ed entrare in contatto con tutte le persone che, insoddisfatte dalle
loro condizioni esistenziali, vorranno comprendere quali siano le reali
condizioni dell’essere umano e porre in essere tutte quelle strategie atte ad
un profondo cambiamento interiore, grazie al contributo della karmanautica.
L’Uomo è immerso, ancorato e costituito dal Velo di Maya attraverso gli Skanda
![]() |
Buddha vide un vecchio, un ammalato ed un funerale, da li capì che il mondo era caduco ed imperfetto |
Inserisco di seguito un capitolo del mio libro "Il Velo di Maya" - Corrispondenze e analogie tra Buddhismo, Cabala
e Taoismo, credo sia importante ai fini della comprensione del nostro ruolo in
questa dimensione karmica
Qual’è il nostro rapporto con il Velo di Maya? Qual è
il collegamento tra noi e la Creazione? Esiste un punto di contatto che fa da
“ponte” tra la nostra individualità (a
sua volta frutto dell’oggetto trattato in questo scritto, ovvero gli Skanda). Diciamo
che questi “Aggregati” sono un po’ gli apparati che ci pongono in grado di
muoverci nell’ambiente circostante, un po’ come i vari sensori che mettono i
robot in grado di muoversi senza scontrarsi con i muri o contro gli oggetti che
incontrano nel loro cammino. Tutto ciò che esiste è instabile ed è così perché
è vuoto di sé, è privo di un’esistenza intrinseca ed autonoma : non vi è alcun
elemento permanente, immutabile ed eterno negli esseri e nelle cose. Anche
nella coscienza di ognuno di noi ci sono certe propensioni e tendenze che pur relativamente durevoli e costanti - si
alterano col tempo. Tutto non è altro che un insieme di fenomeni fisici,
biologici e psichici in perpetua trasformazione - si tratti di uomini o
animali, di alberi o rocce, di nubi od onde e tutto perché creato dall’iniziale
passaggio tra naturante e naturato, tra 0 ed 1. La nostra vita è un insieme di
algoritmi matematici che “pilotano” la nostra esistenza, l’unica varietà che la
rende differente è il differente approccio culturale ed individuale di ognuno
di noi.
Secondo la versione Buddhista esistono dei punti di
collegamento tra noi ed il Velo di Maya che si chiamano “Skanda” e sono
definiti i “Cinque Aggregati”.
Gruppi di fenomeni interdipendenti e funzionalmente
connessi tra loro, agglomerati di dharma reagenti gli uni sugli altri, mutevoli
ed in continuo divenire. Tali raggruppamenti però non possono esser
considerati “parti” distinte di cui la cosa o
l’individuo è composto, ma solo come aspetti diversi di un processo
indivisibile. Anche noi siamo formati dagli skandha, che sono i costituenti
psico-fisici della persona umana : questa ha relazioni col proprio ambiente
grazie agli skandha, per i quali abbiamo coscienza dell’esistenza e
comunichiamo col mondo che ci circonda.
Riceviamo le informazioni del mondo esterno grazie
alla “sensazione” e le nostre “concezioni” derivano dalle informazioni ricevute
; la nostra “volontà” allora ci spinge all’azione ; queste funzioni sono
sostenute e mosse dalla “coscienza”.
Nessuno skandha è qualcosa di autonomamente esistente,
essi sono inseparabili tra di loro, ma sono anche impermanenti ; aldilà degli
skandha non c’è nulla, e quindi non c’è un ‘io’ né un’anima : non c’è un essere
statico, personale e permanente, o un principio ontologico eterno a cui una
persona possa essere ridotta, ma c’è solo il continuo aggregarsi e divenire dei
5 skandha. E parlare di un ‘io’ è come quando si dice “un pugno di riso” (che
in realtà non è un’entità, ma una molteplicità di chicchi). In effetti, l’ ‘io’
è un evento effimero, non sostanziale, prodotto dalla somma convergente dei 5
skandha ; la loro combinazione, per la durata di un’esistenza, mantiene con
continuità la stabilità apparente dell’individuo in quanto persona definita.
Sono essenzialmente il risultato del karma e costituiscono la base di
sperimentazione della sofferenza individuale.
E’ l’ignoranza che ci fa considerare come un’unità
autosussistente, come se non fossimo composti di parti e come se fossimo
permanenti. Ed è sulla base di questa visione erronea che nasce in noi la
distinzione tra l’ ‘io’ e il ‘tu’, il ‘mio’ e il ‘tuo’e quindi l’attaccamento e
l’avversione, con tutte le conseguenze karmiche che sappiamo.
Dal punto di vista psicoanalitico applicato al
Buddhismo possiamo notare che Nella tradizione Buddhista i differenti stadi di
sviluppo dell'Io sono classificati come i 5 Skanda. Gli Skanda sono gruppi di
funzioni della coscienza dell'individuo connessi tra di loro. Essi sono:
1) Gruppo del sensorio
2) gruppo dei sentimenti
3) gruppo della rappresentazione discriminante e delle
percezioni
4) gruppo delle formazioni mentali e del carattere
individuale
5) gruppo della coscienza che è coordinatrice delle
precedenti funzioni.
Essi rappresentano 5 fasi di un completo processo di
coscienza indivisibile.
Di istante in istante i 5 Skanda sono ricreati in tal
modo che sembra che il dramma dell'Io sia ininterrotto. L'aggrapparsi
all'apparente continuità e solidità dell'Io , il cercare continuamente di
mantenere l' 'Io' e il 'Mio' è la radice della nevrosi". In altre parole
il continuo sforzo di mantenere rigidi confini tra noi e gli altri, il porre
distanza evitando il contatto per non essere divorati dal "mostro"
dell'intimità e dalla consapevolezza delle nostre emozioni cozza contro
l'inevitabilità del mutamento, con la sempre ricorrente morte e rinascita
dell'Io, e perciò causa sofferenza. Evidentemente più si lotta per ottenere
piacere e per evitare il dolore e più si crea insoddisfazione.
Per poter uscire da questo condizionamento, dalla
"prigione dell'Io", è necessario ritrovare uno stato di coscienza
centrale e vuoto da conflittualità. Una caratteristica universale della
meditazione è proprio la sua "centralità". Abbiamo simboli differenti
che la rappresentano nelle diverse tradizioni: la croce, la rosa, il sole, il
cuore, il loto, il mandala, ecc. Questi simboli evocano la nozione di un centro
come punto di equilibrio e di integrazione tra le polarità, come un luogo entro
di sè ove il conflitto dualistico ha termine. (ricordiamo il Qabbalistico
ritorno all’unità attraverso il passaggio tra le varie Sephira per arrivare
all’Uno) Questo è il cuore dell'essere, il luogo ove si è se stessi e si
conosce se stessi. Nella formulazione Buddhista la natura di tale centro è
vuota. E' questo il concetto di "Sunyata" che letteralmente significa
"senza fondo" e che è la caratteristica del punto di incontro tra le
polarità (e qui mi viene il mente il Rebis o Androgino Ermetico) . E' proprio
il nostro continuo evitare questa condizione di vuoto che ci spinge ad
aggrapparci alle sensazioni nella nostra continua ricerca del piacere e di
evitamento del dolore. E' comunque importante sottolineare che questo stato di
vuoto e centralità non è da intendersi come di una condizione priva di
sentimenti, poichè ciò non sarebbe che una mezza verità; piuttosto ciò che
bisogna realizzare è uno stato transpersonale e non una mera inazione. Si
tratta cioè di quella condizione chiamata nel Buddhismo di
"equanimità" (upekka) e che non significa essere privi di sentimenti
o di reazioni verso il nostro prossimo. In tale condizione non si è più
cronicamente ancorati a ruoli stereotipati, a una facciata, ma ci si lascia
andare alla propria natura senza giudicarla., avendo raggiunto così uno stato
di "testimone distaccato" in grado di osservare imparziabilmente la
propria relazione con tutti gli altri senza "interrompersi" in
continuazione. "L'uomo perfetto usa
la mente come uno specchio. Non trattiene niente; non rifiuta niente; riceve,
ma non prende" (Chuang Tse).
martedì 3 marzo 2015
Circondiamoci di buonumore
Si
dice che quando non si ha fame si tende a mangiare sempre meno, questo
meccanismo è comune in tante fasi e momenti della nostra vita. Se non si ride
si tende ad essere sempre più seri, meno si è di buon umore e più ci si abitua
alla cupezza di carattere.
E’
indubbio che la tendenza a stati di malumore, scontentezza e insoddisfazione
diffusa possa portare a stati di aberrazione psichica che può sfociare in vere
e proprie patologie.
Stress, tristezza e malumore
riducono le difese immunitarie e possono portare alla depressione.
Esistono
quattro tipologie di “schiavi” del malumore
Il frustrato
Lo spegne il
timore di mettersi alla prova
L’espressione del volto, come la
postura del corpo, fanno pensare a uno stato di compressione. Perennemente
insoddisfatto, il frustrato è pieno di aspettative, di illusioni, di speranze,
poche di queste però si trasformano in progetti e diventano azione. Il suo malumore nasce dall’incapacità a calarsi nel
flusso della vita, per sfiducia nelle proprie capacità e il timore di mettersi alla
prova. Lamentoso e scontento cova uno stato di rabbia impotente, le energie
destinate alla vita e non spese si accumulano determinando uno stato di
malessere psicofisico e una sensazione di tensione e di smania
insopportabile.
Colpito da
cefalea e insonnia
L’impotenza a cui si condanna è
come una gabbia da cui il corpo vorrebbe fuggire: da ciò derivano spesso dolori
muscolari (artrite) e cefalee muscolo tensive. In particolare rischierà
la sindrome da stanchezza cronica, caratterizzata da spossatezza prolungata e
debilitante e da altri sintomi (cefalea, mal di gola, dolori ossei,
disturbi del sonno). Il frustrato rischia artrite, cefalee e stanchezza.
L’acido: si nasconde e svaluta ciò che gli fa paura
Sopracciglia all’insù,
espressione severa e critica, l’acido si caratterizza per un umore aspro,
perennemente intollerante e indisposto. Alla minima sollecitazione sbotta con
espressioni critiche, sarcastiche o supponenti. Dolcezza e cortesia non gli
appartengono, il suo atteggiamento nei confronti degli altri è improntato al
giudizio e alla critica ma anche alla mancanza di empatia. Il suo malumore nasce da un atteggiamento di difesa:
in fondo tenta di distruggere e di svalutare tutto ciò che gli fa paura, in
particolare il confronto con gli altri e tutto ciò che lo mette in gioco. Il malumore tiene lontane tutte le occasioni di
crescita e di cambiamento.
Lo stomaco
paga un prezzo alto
Chi guarda la vita “con occhio
acido” rischia di essere travolto dalla sua stessa acidità. Aumenta il rischio
di soffrire di colite e gastrite in particolare nella forma corrosiva. Gli
“acidi” sono spesso soggetti ad allergie, patologie appunto caratterizzate da
reazioni eccessive nei confronti di sostanze abitualmente innocue (ad esempio
il polline). L’acido rischia colite, gastrite e allergie.
Il rabbioso:
si sente una vittima e si sfoga con ira
Fronte aggottata, labbra
atteggiate a un broncio perenne, sguardo severo, il rabbioso cova un rancore
sordo nei confronti di tutto e tutti. Il suo atteggiamento aggressivo lo pone
sempre sulla difensiva, pronto a lottare, a rivendicare torti e ingiustizie. Il
suo malumore nasce da una visione idealizzata e
moralistica della realtà dove gli errori diventano colpe e tutto viene fatto
intenzionalmente. Da qui la tendenza a percepirsi come vittima e a cercare
sempre all’esterno la causa del suo malessere.
In pericolo il suo cuore
Un fuoco perenne abita i
rabbiosi, il fuoco dell’indignazione. Saranno perciò soggetti ad infiammazioni
di vario tipo, rischieranno di contrarre l’ulcera e, se il fuoco arriva ad
esplodere, possono andare incontro a gravi anomalie del sistema cardiocircolatorio,
dall’ipertensione all’infarto. Il rabbioso rischi ulcera, ipertensione e
infarto.
L’amareggiato:
lo accompagna una rassegnazione dolorosa
La bocca è atteggiata a una piega
amara, gli occhi e il resto del viso mostrano un’espressione dimessa,
malinconica. L’amareggiato soffre di delusione, la sua non è una rabbia viva ma
un dolore sordo, una rassegnazione dolorosa di chi non accetta la realtà ma
rinuncia a modificarla. Lo scarto tra le sue fantasie e la realtà è molto forte
e gli impedisce di apprezzare le gioie che la vita gli offre perché non sono
quelle che lui vorrebbe. Da qui una visione pessimistica della vita che lo
rende nostalgico e passivo, vittima dell’infelicità cui si condanna e in cui,
in fondo, si crogiola.
Pessimista e
psiche in crisi
L’amareggiato vuole trovare
conferme alla sua pessimistica visione del mondo e svilisce tutto ciò che
potrebbe metterla in discussione. Rischia di contrarre patologie autoimmuni (il
sistema immunitario attacca cellule sane dell’organismo). Apre le porte alla depressione.
Si tratta di individui spesso malaticci e perennemente raffreddati.
L’amareggiato rischi malattie autoimmuni, depressione e raffreddore.
Ci sono molti rimedi non invasivi per convertire e neutralizzare
questo malessere interiore. Si può ricorrere alla Fitoterapia, alla
Cristalloterapia o alla Cromoterapia, tutte valide e sufficienti per risolvere il
problema senza disturbare il medico. Ma se chi è afflitto da questo male invisibile
non ha conoscenze in merito o se non crede in queste valide discipline?
Basta iniziare a ridere dei propri mali.
Il
potere della risata nella Mitologia Greca.
Si
narra che Demetra, in seguito alla perdita dell’unica figlia
Persefone rapita e sposata da Ades, fosse piombata in uno stato di profonda
disperazione tanto che la terra rischiava la sterilità. Baubo, un’ancella,
resasi conto della terribile minaccia architetta un modo per far ridere
Demetra escogitando un buffo travestimento. Demetra non appena la vide scoppiò
in una travolgente risata. Da questo episodio ritornò a regnare la fertilità.
Da
questo mito possiamo dedurre come già nell’antica Grecia il potere
curativo della risata fosse conosciuto.
Il
padre della gelotologia (dal greco scienza della risata) è considerato
Norman Cousins, giornalista scrittore e pacifista statunitense. Nel 1964 gli fu
diagnosticata una grave malattia, la spondilite anchilosante, che colpisce
le articolazioni e porta progressivamente alla paralisi. Per i medici che lo seguivano,
il suo stato era incurabile e lo avrebbe sottoposto ad una terribile
sofferenza. Norman non si perse d’animo. Intuendo lo stretto legame
tra le emozioni e lo stato di salute fisica decise di procurarsi dei libri
sull’umorismo e di vedere film comici dei fratelli Marx, prescrivendosi così
una terapia giornaliera della risata. Si rese da subito conto che con 10 minuti
di risate riusciva a dormire 2 ore di seguito senza bisogno di analgesici
perchè non sentiva il dolore.
La terapia della risata comportò inizialmente
la diminuzione di sensazioni di ansia e tristezza legate alla malattia fino ad
una regressione spontanea dalla malattia. Norman racconta la sua esperienza nel
libro “La biologia della speranza”.
La
disciplina dedicata allo studio sistematico del ridere si basa sulla concezione
che le emozioni influenzano il sistema immunitario attraverso canali
neuroendocrini. Il riso ha come effetti la riduzione di ormoni dello
stress come il cortisolo e la stimolazione del rilascio di betaendorfine,
analgesici prodotti dall’organismo.
Se è
vero che stress, tristezza e malumore riducono le difese immunitarie è
altrettanto vero il percorso inverso cioè che le emozioni positive come la
gioia, la fiducia e l’amore portano alla guarigione.
Ridere mette a tacere la razionalità e libera delle energie che il corpo sfutta
per rigenerarsi.
Esiste
un detto nella nostra saggezza popolare che dice “Il riso fa buon sangue” le persone più inclini al
buonumore hanno di solito livelli più bassi di cortisolo (il cosiddetto 'ormone dello stress', nemico del cuore) nel sangue, una frequenza cardiaca minore,
e fanno registrare una riduzione della mortalità per patologie cardiovascolari e cancro.
L’ottimismo ha
quindi risvolti importanti sulla salute
fisica, anche perché chi affronta le difficoltà della vita senza lasciarsi
scoraggiare tende ad avere più cura per se stesso e a praticare un regolare
esercizio fisico (benefico per il cuore e per il sistema immunitario).
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