A volte mi chiedo cosa sarebbe l’uomo privo della brama di
possedere, in quale essenza potrebbe ridursi.
Tenendo conto che, concettualmente, la complessità comincia
dall’uno e la semplicità si riduce all’uno, forse, rinunciando a tutte le cose
non necessarie ed inutili, la mente sarebbe più libera di potersi elevare oltre
la materialità. Il possesso di tutto ciò che rende schiavi appesantisce lo
spirito della paura di perdere, di rinunciare a quei beni superflui che
assorbono le nostre attenzioni, come vampiri che suggono le nostre energie. Non
per niente i monaci Zen itineranti vagano solo con la loro ciotola per poter
raccogliere quel po’ di riso che viene loro donato, per sostentarsi.
Null’altro.
Null’altro che la loro mente racchiusa in quel “sacco di
immondizia” che permette loro di interagire in questo Velo di Maya, certo,
questa è una estremizzazione di una filosofia che cerca di creare meno “gravità
karmica” possibile facendo si che si riducano le possibilità di una ri-caduta
nel Samsara.
Sicuramente la nostra società è meno incline a divulgare siffatti
estremismi ed a prestarsi come terreno fertile per queste filosofie così
rigide, e verrebbero magari ritenute un relitto del tempo, ormai superate da
Teosofia, new age, scientology,
Angelologia etc…
Volendo distanziarmi da qualsiasi religione o filosofia che
magari crea un contraltare esoterico, che rischia di non essere compreso (quindi non
accettato) da tutti, voglio ricondurre il mio pensiero alla semplicità dei nostri anziani, che
senza un vero e proprio trasporto religioso, sembravano seguire comunque un
vivere decoroso ed in contatto con la natura, attraverso stagioni, miti,
folklore ed un senso di civiltà che in questi tempi nemmeno ci sogniamo.
Basta ascoltare i racconti delle persone anziane che hanno
vissuto il passaggio tra il mondo agreste e quello industriale per rendersi
conto di come la vita fosse regolata da una sorta di “divino quotidiano”, e di
quanto la “buona creanza” fosse un mediatore culturale ed una linea ideale di
demarcazione in cui non era il pezzo di carta (la laurea o il diploma – di cui,
comunque, incuteva rispetto) che faceva la differenza, ma il sapersi
approcciare con cortesia ed educazione. Ancora oggi nelle piccole frazioni o
nelle città in cui l’istruzione non ha attecchito (nel bene e nel male) la
saggezza delle persone anziane fa da recinzione morale aiutando i più giovani
ad avere un esempio da seguire ed insegna loro il valore di ideali e di come
adoperare utilmente il loro tempo. Tutto il contrario che si può tristemente
notare in tutte quelle realtà metropolitane che cancellano e distruggono il
vero saper vivere.
Il rispetto era un
obbligo accettato dalla collettività ed era auto-imposto dalla propria
intelligenza, nessuno si sognava di rispondere in modo sconveniente ai propri
genitori ed ai propri anziani. Le cronache odierne invece sono piene di atti criminosi
compiuti in nome di quel nuovo “style de vie” che ci hanno inculcato le mode comportamentali
estere.
Proprio alla luce di queste mode comportamentali, veri memi
vampirici che hanno creato uno stile di vita a macchia d’olio, posso affermare
quanto sia il superficiale e il non necessario a dettare legge, tutto è
effimero, tutto è fugace, addirittura anche ciò che compriamo, televisore,
automobile fino alla lampadina soggiace a quella legge ineluttabile del tempo
creata ad arte dall’uomo che prende il nome
di obsolescenza programmata, ossia quella strategia industriale che
stabilisce la durata dei meccanismi contenuti in tutti gli apparecchi complessi
sopracitati.
Tutto ciò che era fatto per durare (e quanti di voi hanno
passato i cinquant’anni sanno la durata delle lavatrici, dei frigoriferi, delle
automobili!!! ) per una politica legata alla fabbricazione ed alla vendita a
ciclo continuo, che di continuo ha solo la necessità di ricomprare dopo pochi
anni apparecchi quasi nuovi, ormai è destinato alla rottamazione… in tempi
nettamente più rapidi.
Siamo di fronte al palese esempio di come la nostra vita sia
simile al decorso degli artefatti che dovrebbero renderci la vita più “comoda” mostrandone
invece quanto sia più vuota; anche il nostro corpo è un involucro che dovrebbe
servire da supporto affinchè la nostra anima possa essere in grado di lavorare
su se stessa, e che invece viene considerato durevole quanto l’infinito stesso…
dopo una vita gettata, in cui la mente non invecchia quanto il corpo, in molti
si rendono conto di quanto poco abbiano lasciato in questo Velo di Maya e di
quanto tempo abbiano sprecato gettandolo senza rispetto per se stessi… troppo
tardi. Gli occhi vedono un simulacro ormai avvizzito, così decrepito che la
mente stessa fatica a riconoscerlo, in fin di conti sembrano così vicini gli
anni della giovinezza! Invece il tempo è passato inesorabile, tagliando con la
sua scure secondi su secondi, minuti, poi ore, mesi ed anni, alla fine, dopo
una vita desiderando di possedere oggetti e beni superflui, ciò che
desidererete di più è avere più tempo. Troppo tardi…
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