Facciamo
dapprima un accenno alla cosmologia religiosa nelle sue varie forme, nate da
luoghi e tradizioni diverse, scritte nei rispettivi libri sacri.
Per i Caldei il
diluvio di acqua e di fuoco giunge allorché piace a Dio creare un nuovo Mondo
migliore dell’antico.
Gli
Egizi ritenevano
che all’inizio questo universo non esistesse affatto, non c’era cielo, non
c’era terra, non c’era spazio etereo. Esso, poiché non esisteva, si propose:
“voglio essere”. E si riscaldò internamente.
I
nativi americani, gli Zuni, raccontano che prima dell’inizio
della nuova creazione, il Creatore e Contenitore del Tutto e Padre di Tutti i
Padri se ne stava solo. Non c’era null’altro nel grande spazio delle ere, solo
profonda oscurità e vuoto. Awonawilona concepì Se stesso e il suo pensiero si
proiettò fuori dello spazio. Grazie alla sua innata conoscenza si fece persona
e forma del Sole, che noi sentiamo essere nostro padre; questa apparizione creò
la luce che illuminò lo spazio.
Per
gli Induisti, all’inizio vi era Quello, fatto di tenebre,
indistinto, senza caratteristiche, inconoscibile e come totalmente assopito.
Apparve allora il Signore Svaysbhu l’Autonomo, Colui che non evolve e fa
evolvere la totalità di Quello, a partire dagli elementi ordinari. Egli meditò
di creare ogni genere di creatura. In principio creò le acque, poi pose in esse
il suo seme. E divenne un Uovo d’Oro, rivestito dallo splendore di mille raggi,
e in questo Uovo nacque da se stesso Brahma, l’antenato di tutti i mondi.
I
“Veda”,considerano il ciclo completo del Mondo, che si chiama “para” uguale a
100 anni di Brahma, cioè 31.040 miliardi di anni mortali. Poi divampa
l’incendio universale che distrugge completamente l’uovo cosmico e quindi
ripercorre all’infinito le fasi di nascita, decadenza e dissoluzione.
L’universo è visto come un enorme uovo collocato nel ventre di una divinità,
Visnu da dove usciva un universo in forma di bolla che poco dopo scoppiava come
un grande sfera cosmica che ciclicamente si riforma.
Personificazione
del supremo Brahma, è il creatore dell’universo e membro, insieme a Shiva e
Vishnu, della Trimurti indù.
Il Zoroastrismo nell’
“Avesta” scrive che il tempo è soggetto ai cicli cosmici del fatale ritorno.
I Greci affermavano
che la vita dell’universo intero è ciclica, per cui si riprodurrà anche in
avvenire necessariamente e indefinitamente. Prima sorse il vuoto Caos, poi Gea
dal rigoglioso seno. Dal Caos discendono Erebo, il buio senza luce, e Nyx, la
notte, che unitasi a Erebo, partorì Etere, la luce del cielo, ed Emera, il
giorno. Gea invece partorì Urano, il cielo stellato, e da lui venne abbracciata
e fecondata e partorì Ponto, il mare, e le infinite creature viventi che
nascondeva nelle sue cavità.
Il Taoismo dice:
il Tao generò l’Uno, l’Uno generò il Due, il Due generò il Tre, e il Tre generò
le Diecimila Creature. L’Essere è generato dal Non Essere. Il cielo e la terra
e le Diecimila Creature sono generate dall’Essere.
Il Buddismo toglie
ogni forma di tempo e spazio e la creazione è presente ad ogni istante, poiché
è l’attimo l’unica realtà. Dal “Bardo” leggiamo: questo tuo intelletto, che è
identità di luce e di vuoto, risiede in una gran massa luminosa, non nasce e
non muore.
Il Cristianesimo, l’Ebraismo e
l’Islam fanno riferimento alla Bibbia, nella quale è descritta la
creazione, da noi tutti ben conosciuta. E’ importante far rilevare come
Sant’Agostino affermi che un cristiano non può ammettere che il Figlio di Dio
si incarni più volte, che Gesù Cristo debba, di nuovo, soffrire e morire. Vale
quindi il racconto della Genesi, i Salmi e la teologia fino alla Scolastica.
Essa si può riassumere così: Dio ha creato il mondo ex nihilo, dal nulla, e Dio
conserva gli esseri già creati.
Diamo
ora un accenno alla cosmologia dal punto di vista della scienza.
La
visione cosmologica si può proiettare come un film a ritroso: le dimensioni
dell’universo diminuiscono sempre più, mentre crescono densità e temperatura.
Finché giunti, dopo circa 15 miliardi di anni, alla fine del film e quindi
all’inizio della storia cosmica, tutta la materia e tutta l’energia si ritrovano
concentrati in un punto in cui la curvatura spazio tempo, la densità e la
temperatura raggiungono valori infiniti. Dall’esplosione di quel punto, da quel
Big Bang, inizia la storia dell’universo, la formazione degli atomi, dei gas,
delle galassie, delle stelle, dei pianeti. L’universo che noi conosciamo è
formato di stelle, galassie, materia oscura interstellare, buchi neri, per il
30% circa, il restante 70% è totalmente sconosciuto.
Pur
essendo l’universo un vero mistero, si cerca di formulare varie teorie di
formazione, conservazione e termine, in base alla quantità della massa.
L’universo
poi, sempre in relazione alla sua massa e alla velocità di fuga, potrebbe:
a)
espandersi all’infinito, b) rimanere costante nel tempo, c ) collassare su se
stesso.
Nascono
quindi le varie teorie, come la relatività generale e la meccanica quantistica;
la presenza di due teorie diverse, indipendenti e inconciliabili, in realtà
contrasta con l’idea della profonda unità del mondo. Di qui l’impegno di
Einstein nella ricerca di una grande teoria unificatrice.
All’ambizioso
progetto di una “teoria del tutto” Einstein dedicò gli ultimi decenni della sua
vita, concentrandosi sulla unificazione delle forze gravitazionali ed
elettromagnetiche. Questo è un problema che ha affascinato e frustrato sia
Einstein che generazioni intere di fisici teorici dopo di lui. Il problema è di
applicare ad entrambe le forze le leggi della meccanica quantistica.
Ed
ecco, come d’incanto, nascere la teoria quantistica delle “stringhe” proprio da
un fisico teorico italiano di rinomanza internazionale: Gabriele Veneziano nato
a Firenze nel 1942.
In
questa teoria delle stringhe ogni tipo di particella elementare non è altro che
un modo di vibrare di una cordicella elastica, “stringa” appunto, (ogni nota di
violino, una differente particella) che obbedisce alle leggi della relatività e
della meccanica quantistica. L’universo del modello “Veneziano” nasce in un
istante qualsiasi del tempo e morirà in un momento qualsiasi di questo tempo
eterno del vuoto.
La
cosa quasi miracolosa è che questa teoria predice sia l’esistenza del fotone
(il “quanto” del campo elettromagnetico), sia quella del gravitone (il “quanto”
del campo gravitazionale) e, in questo modo, ci fornisce una teoria quantistica
e unificata delle due forze, proprio ciò che Einstein sognava: l’unificazione
delle forze fondamentali della natura. Questo sembra ora realizzato dal nostro
fisico Gabriele Veneziano, secondo il quale viviamo in un universo le cui unità
non sono particelle puntiformi, ma minuscole stringhe (vibrazioni). Forse il
nuovo Einstein ricondurrà a unità l’intera fisica. Prima del Big Bang, dice
Veneziano, esisteva un mare in bonaccia: il vuoto quantistico. Piccole onde di
energia lo incresparono fino a generare grande energia ed ecco apparire il
nostro universo che si calmerà nuovamente fino a morire.
Impressionante
la somiglianza con la visione cosmica indiana che considera l’universo un
respiro di Brahma.
E’
una grandiosa rivoluzione, perché elimina la collocazione spazio-temporale
dell’uomo all’interno della vicenda cosmica, situandolo in un punto qualsiasi
dell’eternità.
Ritorniamo
così all’intima armonia della natura, alla profonda unità della realtà cosmica
sognata da Einstein.
Ora
affrontiamo una comparazione tra scienza e religione per arrivare ad una
unificazione omnicomprensiva delle due diverse visioni cosmologiche.
Ci
vuole un bel coraggio di questi tempi a prendere di petto la questione dei
rapporti tra religioni e scienza moderna, passando da un universo mentale
all’altro.
Bisogna
chiedersi prima di tutto se le domande che sono al fondo di qualsiasi credo,
come l’esistenza di Dio per le religioni, e le domande sulla nascita e
l’eventuale fine dell’Universo per le scienze, siano differenti o se si tratti
della stessa domanda vista con concetti culturali diversi.
Nella
nuova fisica trovano posto concetti come quello del ruolo della coscienza
dell’osservatore nella determinazione del risultato dell’osservazione, la “non
località “ delle particelle subatomiche, che renderebbero obsoleta la visione
di una realtà costituita di sistemi separati e localizzati. Spesso la scienza
ha preceduto la scoperta sperimentale di leggi del mondo fisico, come se già
contenesse al suo interno il “progetto del mondo”. La realtà ultima, insomma
quella verità che da millenni l’umanità insegue e che le religioni storiche
rivendicano ognuna per sé, è fondata nella coscienza. Sembra, infatti, che il
senso scientifico sia originariamente possibile solo all’interno della
coscienza stessa. Ogni scoperta scientifica è una intuizione che solo in un
secondo tempo viene inquadrata nella logica.
Tale
coscienza è condizionata da presupposti di formazione culturale che rendono
possibile la comunicazione con quella realtà immaginata. Si costituisce così un
circolo tra la sfera della coscienza e ciò che accade.
Cosa
rimane del bagaglio di verità rivelate, di intuizioni mistiche, di dogmi, riti,
passioni, speranze che costituiscono il terreno in cui affonda le radici il
tuttora vigoroso albero delle religioni?
Già
nel 1908 il matematico Hermann Minkowski intuiva che “lo spazio per sé e il
tempo per sé non sono che ombre”.
Sono
oggetti nei quali lo spirito riconosce semplicemente se stesso.
Erwin
Schroedinger (Vienna 1887-1961) uno dei padri della meccanica quantistica
rimase un ammiratore della filosofia induista del Vedanta, che riduce sia
l’universo che le coscienze individuali ad un’unica coscienza cosmica,
incarnando una sostanziale unità della cultura in tutte le sue manifestazioni,
dalla meccanica quantistica alla cosmologia, dalla scienza alla filosofia e
alla poesia, dal pensiero occidentale alla saggezza orientale, non più due
culture che si possono considerare mozze, ma “la Cultura”.
Da
diversi anni stiamo assistendo ad un fenomeno culturale apparentemente
contraddittorio: da un lato la diffusione straordinaria del sapere scientifico,
dall’altro la diffusione di vecchi e nuovi movimenti religiosi. L’apparente
contraddizione è dovuta ad un luogo comune fortemente radicato nell’opinione
corrente, secondo cui il mondo della scienza e il mondo della religione sono
fra loro inconciliabili; carattere ambiguo della modernità. Non sono due mondi
contrapposti, ma piuttosto due facce della stessa medaglia. La medaglia è
l’esigenza profonda che alberga in ogni uomo di dare un senso alla propria
esistenza interrogando il creato naturale per carpire il Vero.
Da
cosa trae origine la concezione della nascita del cosmo? Dallo sforzo di dare
un senso alla propria esistenza e al proprio destino. Ma non c’è nessuna
giustificazione per l’esistenza del mondo. In realtà le motivazioni, siano esse
filosofiche, mitiche, scientifiche o teologiche, sono solo modi per esprimere
l’arcano della nostra esistenza. Ciò ci inquieta perché riteniamo che debba
esserci una ragione per il nostro essere ed ecco che nasce una fede cieca nella
scienza e nella religione per trovare una risposta.
La
stessa presenza di un Dio non risolve il problema, ma Dio chi lo ha fatto? La
risposta non c’è, l’unica verità resta il mistero, l’unica energia
omnicomprensiva, riunificatrice della cosmologia religiosa e scientifica.
http://www.duepassinelmistero.com/cosmologia.htm
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