La karmanautica è un insieme sincretistico di Discipline Esoteriche e Strategie Marziali il cui scopo è la comprensione del rapporto tra cause ed effetto e modificare il karma a proprio favore .
sabato 31 gennaio 2015
giovedì 29 gennaio 2015
martedì 27 gennaio 2015
Pensiero Versatile
Tengo a precisare che io agisco e penso con la massima apertura, accondiscendenza e tolleranza. Non nego nulla e non approvo nulla di più di quello che i miei studi mi hanno portato in termini di consapevolezza e discernimento. Ciononostante (univerbazione) penso che la quantità di informazioni che ho ricevuto siano sempre e comunque INSUFFICIENTI per poter prendere delle posizioni MONOLITICHE e ASSOLUTISTICHE e che una presa di posizione GRANITICA e assolutamente RIGIDA, sarebbe solo un indice di presunzione, saccenteria, protervia e supponenza.
Questo è l'insieme di caratteristiche che (purtroppo) fanno la differenza tra RICERCATORE e chi, al contrario, si arrocca nella propria conoscenza cercando di conservarla a costo di una stasi culturale e sapienziale. Il mio povero bagaglio di conoscenza è paragonabile un sacco aperto che continua a raccogliere, non è assolutamente un sacco chiuso... non è il mio tessssoro.
Credo che questa fosse e debba essere la mentalità di chi CON UMILTA' si approccia a quella massa abnorme e gigantesca che è la cultura umana, che sia scientifica o umanistica. Fermarsi ai dogmi di filosofi o scienziati senza pensare che le scoperte non hanno confini delimitati, significa scimmiottare e ripetere a pappagallo ciò che altri hanno scoperto e limitarsi così ad essere semplici ALTOPARLANTI UMANI. Personalmente preferisco pensare con la mia testa e ricercare, sbagliando magari, ma mettendomi in gioco con dinamica vitalità.
Ora ho delineato i contorni della Karmanautica, ma questa non è che una serie di norme, meccanismi ed aforismi per risvegliare all'attenzione ciò che è la vita come sequenza di rapporti di causa ed effetto... e saperli gestire con strategie adatte. E' chi ne studia i dettami che ne riempie i contorni con le proprie esperienze e rende quest'ultima viva e importante. Inutile scambiare il mezzo come fine, così com'è inutile scambiare la cultura come necessaria in se stessa e per se stessa... è solo un mezzo, e come tale dovrebbe restare.
Tutto questo discorso serve solo a far capire che io non voglio entrare in schieramenti mentali, né FANATICAMENTE chiusi verso il mondo dell'insolito, né FANATICAMENTE chiusi verso il mondo accademico. Preferisco muovermi all'interno di entrambe come un Ninja... che sa muoversi in tutti gli ambiti, inafferrabile e vincente.
Questo è l'insieme di caratteristiche che (purtroppo) fanno la differenza tra RICERCATORE e chi, al contrario, si arrocca nella propria conoscenza cercando di conservarla a costo di una stasi culturale e sapienziale. Il mio povero bagaglio di conoscenza è paragonabile un sacco aperto che continua a raccogliere, non è assolutamente un sacco chiuso... non è il mio tessssoro.
Credo che questa fosse e debba essere la mentalità di chi CON UMILTA' si approccia a quella massa abnorme e gigantesca che è la cultura umana, che sia scientifica o umanistica. Fermarsi ai dogmi di filosofi o scienziati senza pensare che le scoperte non hanno confini delimitati, significa scimmiottare e ripetere a pappagallo ciò che altri hanno scoperto e limitarsi così ad essere semplici ALTOPARLANTI UMANI. Personalmente preferisco pensare con la mia testa e ricercare, sbagliando magari, ma mettendomi in gioco con dinamica vitalità.
Ora ho delineato i contorni della Karmanautica, ma questa non è che una serie di norme, meccanismi ed aforismi per risvegliare all'attenzione ciò che è la vita come sequenza di rapporti di causa ed effetto... e saperli gestire con strategie adatte. E' chi ne studia i dettami che ne riempie i contorni con le proprie esperienze e rende quest'ultima viva e importante. Inutile scambiare il mezzo come fine, così com'è inutile scambiare la cultura come necessaria in se stessa e per se stessa... è solo un mezzo, e come tale dovrebbe restare.
Tutto questo discorso serve solo a far capire che io non voglio entrare in schieramenti mentali, né FANATICAMENTE chiusi verso il mondo dell'insolito, né FANATICAMENTE chiusi verso il mondo accademico. Preferisco muovermi all'interno di entrambe come un Ninja... che sa muoversi in tutti gli ambiti, inafferrabile e vincente.
venerdì 23 gennaio 2015
Costituzione di Exit - Officina di Karmanautica e Consapevolezza
Comunico che a breve si costituirà l'Associazione EXIT - Officina di Karmanautica e Consapevolezza dopo una necessaria ristrutturazione dell'organico. Tali scelte sono dettate da una reale necessità di poter interagire ed entrare in contatto con tutte le persone che, insoddisfatte dalle loro condizioni esistenziali, vorranno comprendere quali siano le reali condizioni dell'essere umano e porre in essere tutte quelle strategie atte ad un profondo cambiamento interiore, grazie al contributo della karmanautica.
lunedì 19 gennaio 2015
sabato 17 gennaio 2015
venerdì 16 gennaio 2015
karmanauta...
Invischiati nelle trame karmiche, inermi, inconsapevoli e dormienti... immersi nella materialità bituminosa, solo una figura si muove dinamica, attento a non perturbare il karma si rende invisibile anche ad esso...
domenica 11 gennaio 2015
Il Velo di Maya e Schopenhauer
Il mondo come volontà e rappresentazione
E’ questa l’opera più
conosciuta di Schopenhauer dove è presente l’influenza di Kant.In questa lo stesso filosofo afferma “la mia filosofia muove da quella Kantiana”. Infatti pone addirittura come punto di partenza della propria dottrina la distinzione Kantiana tra fenomeno e noumeno (o cosa in sé).
Per Kant il fenomeno è la realtà, l’unica realtà conoscibile e accessibile dalla mente umana.
Per Schopenhauer invece il fenomeno è illusione, sogno e parvenza, è quello che nella filosofia indiana viene chiamato “Velo di Maya” ossia l’illusione che vela la realtà delle cose nella loro essenza autentica.
“E’ Maya, il velo ingannatore, che avvolge il volto dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che agli prende per un serpente.”
Da ciò si capisce che per il filosofo la realtà visibile è apparenza, e per l’appunto illusione. Nulla, a ben guardare, ci garantisce che quanto esiste o accade non sia solo un sogno.
L’essenza della realtà, o noumeno, che si nasconde dietro il fenomeno per Kant restava il concetto-limite della conoscenza e perciò inconoscibile. Invece ad avviso di Schopenhauer può essere raggiunta e di conseguenza è possibile squarciare il velo di Maya. Ma com’è possibile ciò?
Se l’uomo fosse soltanto coscienza e rappresentazione non potrebbe mai uscire dal mondo fenomenico, ma esso è dato a se medesimo anche come corpo e quindi può accedere al noumeno. Ora, il corpo è dato in due maniere: da un lato come rappresentazione e dall’altro come qualcosa di immediatamente conosciuto, e che viene designato col nome di volontà. Il corpo è dunque volontà resa visibile ed è attraverso il corpo e l’immersione nel profondo di se stesso che l’uomo sente la volontà di vivere. E’ proprio questa immersione che squarcia il velo di Maya. Per Schopenhauer questa volontà si sottrae alle forme dello spazio, del tempo e della causalità; infatti è unica, eterna e incausata. Inoltre è anche inconscia, poiché la consapevolezza e l’intelletto costituiscono soltanto delle sue possibili manifestazioni secondarie.
Il concetto iniziale di velo di Maya,ossia il fenomeno inteso come una sorta di illusione, di apparenza che vela la realtà delle cose, deriva dalla filosofia indiana e, in particolare, dai Veda e dai Purana (testi sacri). Nelle Upanishad antiche è ben spiegato che Tempo, Spazio e Causalità danno origine alle rappresentazioni fenomeniche, cioè a Maya. Consapevoli di ciò, i saggi indù avevano già trovato la via per squarciare il velo di Maya. La Maya è il potere divino mediante il quale l’Essere supremo (Brahman) può far sorgere e scomparire le cose, da qui il significato di potere illusionante. Ed è proprio da queste considerazioni che Shopenhauer trova ispirazione per la sua filosofia.
Infine poiché Schopenhauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si deforma, egli considera la rappresentazione come una fantasmagoria ingannevole, traendo la conclusione che la vita è “sogno”, cioè un tessuto di apparenze o una sorta di “incantesimo”. Andando alla ricerca di precedenti illustri di questa intuizione, Schopenhauer cita: i Veda e i Purana (che considerano l’esistenza come una sorta di illusione), Platone (il quale afferma che spesso gli uomini vivono il un sogno), Shakespeare ( il quale scrive che “noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno”), Calderòn de la Barca (il quale afferma “la vita è un sogno”) e altri. Sulla scia di questi pensatori il filosofo scrive “la vita e i sogni sono pagine dello stesso libro”.
Ma al di là del sogno e del fenomeno esiste la realtà vera, sulla quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi. Infatti l’uomo e un “animale metafisico”, che, a differenza degli altri esseri viventi, è portato a stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sull’essenza ultima della vita.
LA NATURA DELL’ANIMA
AVVERTENZA: La parola DIO, CREATORE, UNICO, MONO, e tutti i termini che
possano ricondurre a religioni monoteiste o concetti strettamente religiosi
vengono da me riportati perché parte integrante di articoli che ritengo validi
nella sostanza. Mi dissocio comunque da concetti che “religono” la nostra mente
e restrizioni che ingabbiano i nostri pensieri sclerotizzando le nostre
capacità di associare e sincretizzare liberamente. Questa avvertenza accompagnerà tutti gli articoli che necessitano di questo doveroso chiarimento. L'autore.
“I filosofi dicono
che l’Anima ha due facce,
una rivolta in
permanenza verso Dio, l’altra
che guarda, per così
dire, in basso, e informa i
sensi; e la faccia
superiore, sommità
dell’anima, si trova
nell’etereo e non ha nulla a
che fare col tempo:
ignora sia il tempo che il
corpo”.
MEISTER ECKHART
Prima di entrare nei
particolari della tecnica per mezzo della quale si sostiene che l’intellettuale colto
possa trasformarsi in conoscitore intuitivo, sarà opportuno stabilire le ipotesi su cui si
basa la scienza della meditazione. Il processo implica il riconoscimento dei vari aspetti (in
natura, o della divinità, come preferite) di cui l’uomo è espressione, ma senza trascurare
il legame fondamentale che lo mantiene unito quale unità integrata.
L’uomo è un essere integrato, ma la vita ha maggior significato per gli uni che per gli
altri. Per alcuni è soltanto esistenza animale; per molti rappresenta l’insieme delle
esperienze emotive e sensorie; per altri comprende tutto ciò, più una consapevolezza
mentale che rende la vita assai più ricca e profonda. Per alcuni poi , Essere
significa il riconoscere la facoltà di registrare contatti che sono sia
universali e soggettivi, che individuali ed oggettivi. A tale proposito,
H. Keyserling dice:
“Quando parliamo
dell’Essere di un uomo, in contrapposizione con le sue capacità,
intendiamo la sua
anima vitale; e quando affermiamo che questo Essere decide,
intendiamo che ogni
sua manifestazione è permeata di vita individuale, che
ogni sua espressione
irradia personalità e che quest’ultima, in definitiva, è l’elemento
responsabile”.
Possiamo
intanto affermare, come condizione sine qua non, che soltanto gli
esseri responsabili e
pensanti sono in grado di applicare le regole e gli insegnamenti che permetteranno loro di
effettuare quella transizione e di raggiungere quella coscienza che sono il contrassegno
del mistico illuminato e del conoscitore intuitivo. Scopo del processo
meditativo è di guidare gli uomini nella luce che è in loro stessi e, in quella luce,
metterli in grado di vedere Luce. Quest’opera di rivelazione si basa su determinate teorie
riguardanti la costituzione e la natura dell’essere umano. L’evoluzione e il
perfezionamento della facoltà mentale dell’uomo, con la sua acutezza e capacità di
concentrazione, offre oggi all’ Occidente l’occasione di provare tali teorie. Deve ora
seguire naturalmente un esperimento intelligente.
“La nuova sintesi di
mente e anima”, dice Keyserling, “deve aver origine nella mente,
partendo dalla vetta
della suprema intellettualità, se vogliamo che qualcosa di decisivo
accada”.
Ma per far ciò deve
esistere la chiara comprensione di tre premesse, sulle quali si regge l’assunto
orientale e che, se riconosciute vere, convalideranno l’intera tesi dello studioso della
tecnica meditativa orientale, senza tuttavia scordare il proverbio cinese che
dice:
“Se un uomo ingiusto
usa mezzi giusti, i giusti operano in modo ingiusto”.
Ecco, dunque, le tre
premesse:
Primo. In ogni forma
umana esiste un’anima, la quale usa gli aspetti inferiori dell’uomo soltanto
come veicoli d’espressione. Scopo del processo evolutivo è di accrescere ed approfondire il
dominio dell’anima sul suo strumento. Quando esso sia perfetto, si ha una
incarnazione divina.
Secondo. L’insieme
degli aspetti inferiori, quando sia sviluppato e coordinato, è indicato con il termine
Personalità. Quest’unità è composta degli stati emotivi e mentali dell’essere,
dell’energia vitale e dell’apparato responsivo fisico, i quali tutti “mascherano” o celano l’anima.
Questi aspetti inferiori, secondo la filosofia orientale, si sviluppano in modo sequenziale e
progressivo, e solo dopo aver raggiunto un grado di sviluppo relativamente
elevato, l’uomo riesce a coordinarli e più tardi ad unificarli, nella
coscienza, con l’anima che è in
lui. Segue quindi il controllo da parte dell’anima e la sempre crescente espressione
della sua natura. Questo processo viene a volte paragonato simbolicamente alla
luce in una lampada. Dapprima non fa alcun lume poi, a poco a poco, s’illumina e la sua
luce aumenta sempre più fino a render chiaro il significato delle parole del Cristo.
Egli disse: “Io sono la luce del mondo”, e ordinò ai Suoi discepoli:
“Fate splendere la
luce che è in voi, affinché gli uomini vedano”.
Terzo.
Quando la vita dell’anima, operante sotto la Legge della Rinascita, ha condotta la personalità allo
stato d’unità integrata e coordinata, tra le due si istaura un’azione reciproca
sempre più intensa. Ciò avviene per mezzo dei processi di autodisciplina, di volontà attiva
volta all’ Essere spirituale, del servizio disinteressato (perché questo è il modo in
cui si manifesta l’anima dotata di coscienza di gruppo) e della meditazione. La consumazione
finale dell’opera è il cosciente realizzarsi di quell’ unione che la terminologia
cristiana chiama unificazione (at-one-ment). Queste tre ipotesi
devono essere accettate almeno in via sperimentale, perché il processo educativo tramite la
meditazione possa dimostrarsi efficace. Nel Webster’s Dictionary, l’anima è definita in
accordo con tali teorie, con le seguenti parole:
“Entità concepita
come l’essenza, sostanza o causa attuante la vita individuale,
specialmente della
vita manifestata nelle attività psichiche; veicolo
dell’esistenza
individuale, separato per natura dal corpo e generalmente ritenuto
separabile durante
l’esistenza”.
Il Webster aggiunge
anche questo commento, che si accorda con quanto abbiamo detto, che “alcune
concezioni, come quella del Fechner, che l’anima è l’intero processo unitario spirituale
congiunto all’intero processo unitario corporeo, sembrano costituire una via di mezzo tra
il punto di vista idealistico e quello materialistico”. Il Dottor
Radhakrishnan, dell’Università di Calcutta, ci presenta la definizione
prettamente orientale:
“Ogni essere organico
ha un principio di autodeterminazione, al quale viene dato
generalmente il nome
di “anima”.
Nello stretto senso
della parola “anima” appartiene a
qualunque essere che abbia vita e le varie anime sono fondamentalmente identiche in natura.
Le differenze sono dovute alle organizzazioni fisiche, le quali oscurano e
ostacolano la vita dell’anima. La natura dei corpi, in cui le anime sono
racchiuse, spiega il diverso grado d’oscurità di ciascuno di essi…
L’ego è l’unità
psicologica di quel flusso di esperienza cosciente, che costituisce ciò che conosciamo
come vita interiore o sé empirico. “Il sé empirico è un
misto di libero spirito e di meccanismo, di “purusha” e di “prakriti” … Ogni ego possiede, entro il corpo denso
che si dissolve con la morte, un corpo sottile
formato dall’apparato psichico comprendente i sensi”. Ci viene detto che
l’anima è un frammento della Superanima, una scintilla dell’unica Fiamma, imprigionata
nel corpo. È quell’aspetto della vita che dà all’uomo – e ad ogni forma in
manifestazione – vita, o essere, e coscienza. È il fattore vitale, quel
qualcosa di coerente ed
integrante che fa dell’essere umano (composto, eppure unificato come è) un’entità che pensa,
sente e aspira. L’intelletto umano è il fattore, o la qualità, di coscienza dell’anima, che
permette all’uomo di orientarsi verso l’ambiente, durante gli stadi in cui la
personalità è in via di sviluppo, ma che in seguito, per mezzo di una
meditazione appropriata, lo mette
in grado di orientarsi verso l’anima, come distinta dal meccanismo, e quindi
verso un nuovo stadio di consapevolezza dell’essere. Il rapporto
dell’anima con la Superanima è quello della parte con il Tutto ed è tale rapporto, con i
riconoscimenti che ne conseguono, che si sviluppa in quel senso di unità con tutti gli esseri
e con la Realtà suprema, di cui i mistici hanno sempre testimoniato. Il rapporto tra
l’anima e l’essere umano è quello dell’entità cosciente verso il suo mezzo d’espressione; di
colui che pensa, verso lo strumento del pensiero; di colui che registra i sentimenti verso il
campo dell’esperienza sensoria, e dell’attore verso il corpo fisico – unico mezzo di
contatto col particolare campo di attività rappresentato dal mondo della vita fisica. L’anima
si esprime attraverso due forme d’energia: quella che chiamiamo principio o fluido
vitale, l’aspetto vita, e quella della ragione pura. Tali energie sono
focalizzate, durante l’esistenza,
nel corpo fisico. La corrente di vita si centra nel cuore, utilizza la corrente
sanguigna, le vene e le arterie, ed anima ogni parte dell’organismo; l’altra corrente,
d’energia intellettuale, ha il suo centro nel cervello e si serve del sistema nervoso come mezzo
d’espressione. Nel cuore, dunque, è la sede del principio vita; nella testa, quella
della mente raziocinante e della coscienza spirituale, e quest’ultima viene raggiunta
mediante il giusto uso della mente. C. Lloyd Morgan, a proposito della parola “anima”, dice:
“In ogni caso, ciò
che generalmente s’intende per “teoria dell’anima”, ha le sue
radici nel dualismo.
E ciò che alcuni intendono per “psicologia senz’anima” è
diverso dal dualismo… In un certo senso si potrebbe, con
un’adatta definizione,
parlare dell’anima
come dell’elemento distintivo di quel livello di sviluppo
mentale
in cui il concetto di Spirito rientra
nell’ambito dell’indagine riflessiva”.
Prima ancora, nello
stesso libro, leggiamo:
“Ognuno di noi è una
vita, una mente, e Spirito; un esempio di vita quale espressione
del piano mondiale,
di mente quale altra espressione di quel piano, di
Spirito, nella misura
in cui la Sostanza di quel piano mondiale, si rivela entro di
noi. Il piano
mondiale, dal suo aspetto più basso fino al più elevato, è manifestazione
divina; in voi, in
me, in tutti noi distintamente, Dio è rivelato parzialmente
come Spirito”.
Questa rivelazione
della Divinità è la meta dello sforzo mistico e l’oggetto della duplice attività della mente:
Dio come vita nella Natura, Dio come amore, in senso soggettivo, come piano e come
proposito, ed è ciò che l’unificazione, prodotta dalla meditazione, rivela all’ uomo.
Mediante la sua tecnica precisa, egli scopre quell’unità che è egli stesso. Più
tardi scopre il suo rapporto con l’universo; capisce che il suo corpo fisico e le sue energie
vitali sono parte integrante della Natura stessa, che è infatti la veste esteriore della
Divinità; comprende che la sua capacità di amare e di sentire lo rende consapevole
dell’amore che pulsa nel cuore di tutta la creazione; scopre che la sua mente gli può dare la
chiave che apre la porta della comprensione, permettendogli di penetrare i propositi e i piani
che guidano la mente di Dio stesso. Giunge così a Dio e Lo conosce come il Fatto
centrale. Sapendo d’essere egli stesso divino, scopre che tutto è ugualmente divino. F.
Kirtley Mather di Harward dice, in un suo articolo di grande chiarezza:
“Che esista
un’amministrazione dell’Universo, non si può negare. Qualcosa ha
determinato e
continua a determinare il funzionamento della legge naturale,
l’ordinata
trasformazione della materia e dell’energia. Può trattarsi della “curvatura
del cosmo“, del
“destino cieco“, della “energia universale“, “dell’assente
Jehovah”, o dello
“Spirito onnipervadente”, ma qualcosa ci deve essere. Da un
certo punto di vista,
alla domanda: Dio esiste? Si può senz’altro rispondere in
modo affermativo”.
Così, trovando sé
stesso e comprendendo la sua vera natura, l’uomo giunge a quel
centro entro sé
stesso che è uno con tutto ciò che esiste; riconosce di possedere un apparato
che lo può mettere in
contatto con le manifestazioni differenziate mediante le quali
Dio cerca di
esprimersi. Egli possiede un corpo vitale, responsivo all’energia universale
e conduttore delle
due forme d’energia dell’anima cui abbiamo accennato.
Alice Bailey afferma:
“Dietro il corpo
oggettivo esiste una forma soggettiva costituita di materia eterica
e funzionante come
conduttore del principio vita dell’energia, o prana. Tale
principio vita è
l’aspetto forza dell’anima, che per mezzo del corpo eterico vitalizza
la forma, le
conferisce qualità ed attributi particolari, imprime su di essa i
suoi desideri ed
infine la dirige con l’attività della mente. Tramite il cervello,
l’anima stimola il
corpo all’azione cosciente e tramite il cuore ogni parte di esso
e pervasa “di vita”.
Vi
è poi un altro “corpo” che è composto dall’insieme degli stati emotivi, umori e sentimenti. Tale
corpo reagisce all’ ambiente fisico dell’uomo in risposta agli impulsi che il cervello
riceve attraverso i cinque sensi, via il corpo vitale. È così posto in attività di natura puramente
egoistica e personale; ma può essere educato a reagire soprattutto alla mente,
considerando questa (come accade ben di rado) come l’interprete del sé
spirituale, o anima. È il corpo emotivo, caratterizzato dal sentimento e dal
desiderio, che nella maggioranza dei
casi esercita l’influenza più potente sul corpo fisico. Quest’ultimo è
considerato dagli esoteristi come un semplice automa, sospinto dal desiderio e attivato dall’
energia vitale. Col progredire della
razza umana, prende forma ed attività un altro “corpo”, quello mentale, che assume
gradualmente un dominio sempre più attivo e naturale. Come gli organismi fisico ed
emotivo, questo meccanismo mentale è dapprima orientato in senso puramente oggettivo
ed è posto in attività dagli stimoli che gli giungono dal mondo esterno, tramite i sensi. Con
l’aumentare della sua positività, lentamente e con sicurezza cresce anche il suo
dominio sugli altri aspetti fenomenici dell’uomo, fino a che la personalità, in tutti i suoi
quattro aspetti, non diviene un’entità completa ed unificata, funzionante sul piano fisico.
Quando ciò avviene si ha una crisi, e nuovi sviluppi ed espansioni divengono possibili. Per tutto quel tempo,
le due energie dell’anima, vita e mente, hanno operato per mezzo dei veicoli,
senza che l’uomo fosse consapevole della loro origine o del loro proposito. Quale
risultato della loro opera, egli è ora un elemento intelligente, attivo ed evoluto. Tuttavia,
come dice Browning: “Nell’uomo completo ricompare la tendenza a Dio”, ed egli è
spinto da una divina inquietudine verso una cosciente consapevolezza ed un cosciente
contatto con la sua anima – il fattore invisibile che sente, ma del quale rimane personalmente
inconsapevole. Egli inizia allora un processo di auto-educazione e di intensa indagine
circa la sua vera natura. La sua personalità, abituata a guardare il mondo della vita
fisica, emotiva e mentale, con l’attenzione focalizzata in senso oggettivo, attraversa un periodo
di riorientamento, e si volge all’ interno, verso il Sé. Il suo punto focale diviene
soggettivo ed ha lo scopo di far emergere “quell’ Essere più profondo”, di cui parla
Keyserling. Viene ricercata la cosciente
unione con l’anima, e ciò non solo dal lato emotivo e sensorio del mistico
e del devoto. È ricercata l’esperienza diretta. La conoscenza del Sé divino e la verifica
mentale del fatto del Figlio di Dio che dimora nell’ interno, diventano meta d’ogni sforzo.
Non è il metodo seguito dal devoto mistico, che ricerca Dio sospinto dall’ amore della sua
natura emotiva ma il metodo dell’accostamento intellettuale e della
subordinazione di tutta la personalità all’ impulso verso le realtà spirituali.
Tutte le personalità
veramente coordinate e tutti i tipi umani puramente mentali sono mistici nel cuore, ed hanno
attraversato lo stadio mistico in qualche vita. Mentre l’intelletto predomina e la mente
si sviluppa, tale stadio può passare in secondo piano ed essere re- legato
temporaneamente nel regno subcosciente. Ma l’accento, col tempo ed
inevitabilmente, è posto sulla volontà
di conoscere, e l’impulso della vita (non più soddisfatta dagli aspetti
esteriori e materiali della manifestazione) tende alla conoscenza dell’anima e all’ uso della
mente per apprendere la verità spirituale. Testa e cuore si
uniscono nello sforzo. La mente e la ragione pura si fondono con l’amore e la
devozione, in un completo riadattamento della personalità ad un nuovo campo di
consapevolezza. Nuovi stati di coscienza ed un nuovo mondo fenomenico vengono a poco a poco
percepiti, e l’aspirante comincia a rendersi conto che il centro focale della sua vita
e la sua coscienza possono elevarsi al disopra di ogni passato campo di esperienza. Scopre
che può camminare con Dio, risiedere in Cielo ed essere consapevole di un nuovo mondo
entro le forme esteriori che gli sono familiari. Comincia a considerarsi come
membro cosciente di un altro regno naturale, quello dello spirito, altrettanto reale, vitale,
ordinato e fenomenico di quello generalmente noto. Verso il proprio strumento, il corpo
umano, egli assume costantemente l’atteggiamento dell’anima. Non si considera più
un uomo, dominato dalle emozioni, mosso dall’ energia e diretto dalla mente, ma sa di
essere il Sé, che pensa tramite la mente, sente tramite le emozioni ed agisce
coscientemente. Con lo stabilizzarsi e il permanere di tale coscienza, l’opera dell’evoluzione per
lui si compie, ha luogo la grande unificazione (at-one-ment) e si stabilisce la grande
unione fra il Sé ed i suoi veicoli d’espressione. Così un Figlio di Dio s’incarna
coscientemente. Per mezzo
dell’educazione nei suoi molteplici aspetti, il coordinamento della personalità è stato grandemente
accelerato. La mentalità della razza umana sale costantemente la scala del
raggiungimento. L’umanità, con i suoi folti gruppi di individui colti e mentalmente
focalizzati, è pronta per l’auto-determinazione e per la reggenza dell’anima. Può
essere ora intrapresa la cultura intensa dell’individuo, secondo il sistema orientale.
L’educazione ed il riorientamento dell’essere umano progredito devono trovar posto nella
nostra educazione collettiva. Ecco la causa di questo libro ed il motivo per cui è stato
scritto. Come può l’uomo trovare la propria anima, o accertarne l’esistenza? Come può
adattarsi alle condizioni della vita dell’anima e cominciare a vivere coscientemente e
simultaneamente come anima e come uomo? Cosa deve fare per raggiungere l’unione
fra l’anima e i suoi strumenti, ciò che è essenziale per soddisfare l’incalzante anelito
della sua natura? Come può sapere, e non soltanto credere, sperare e aspirare? La voce esperta della
saggezza orientale ci dice una sola parola: Meditazione. Tutto qui? La risposta è
“Sì”. Se la meditazione è eseguita in modo corretto e la perseveranza è la caratteristica
fondamentale della propria vita, si stabilirà un contatto sempre maggiore con l’anima. Gli
effetti di questo contatto si manifesteranno nell’ autodisciplina, nella purificazione,
nell’ aspirazione e nel servizio. La meditazione orientale è un processo
rigorosamente mentale, che porta alla conoscenza ed alla illuminazione dell’anima. È un
fatto naturale che “Come un uomo pensa, tale egli è”.
Sulla meditazione una visione della Psico-neuro-endocrino-immunologia.
È noto che il cervello è caratterizzato da una
notevole attività elettrica,
misurabile con l’elettroencefalogramma. Quasi cinquanta anni fa, per la prima volta, vennero
individuate nel cervello delle onde ad elevata frequenza, tra i 30 e 100 Hertz (Hz, cicli al secondo), battezzate gamma.
Nell’ultimo decennio, queste onde hanno ricevuto una particolare attenzione in quanto emergono in concomitanza dello svolgimento di vari compiti legati a stimoli sensoriali, ma anche ai circuiti dell’attenzione e della coscienza. In particolare, diversi studi hanno segnalato l’esistenza di una forte corrente di onde gamma nell’ippocampo, area fondamentale per la memoria. Ma dove è situato il generatore delle gamma e che rapporto c’è tra queste e le altre onde cerebrali e, in definitiva, qual è il significato generale dell’attività elettrica osci1latoria
del cervello? Una prima importante risposta è venuta da un gruppo misto, neuro-fisiologi e ingegneri informatici, guidato da Gyorgy Buzsaki, dell’Università del New Jersey. Con un
ampio articolo, pubblicato sulla rivista Neuron, Buzsaki e colleghi dimostrano che una particolare area dell’ippocampo, denominata CA3, costituita da grandi neuroni cosiddetti piramidali, contiene il generatore del ritmo gamma. Questi neuroni sono davvero speciali: sono, infatti, dotati di notevoli ramificazioni e di una intrinseca capacità oscillatoria. Da loro, parte un ritmo che, via via, pervade le altre aree dell’ippocampo proiettandosi, a seconda delle necessità, in diverse direzioni.
L’anno scorso, lo stesso studioso, sempre su Neuron, aveva dimostrato che dalla medesima area ippocampale (CA3) si origina il ritmo di un’altra classe di onde, non ad alta frequenza come le gamma, ma a bassa (4-8 Hz), denominate teta. Qual è il rapporto tra i due ritmi cerebrali?
È stato visto che, in assenza di ritmi teta, i gamma non scompaiono, ma sono disordinati e meno potenti. È evidente quindi che l’oscillazione teta mette in fase e potenzia anche l’oscillazione gamma. Il teta è il ritmo di fondo dell’ippocampo che sincronizza altri ritmi ed è ciò che consente a questa area cerebrale di svolgere compiti legati alla formazione di nuovi ricordi e al richiamo di quelli già codificati.
Ma perché il cervello ha bisogno di un ritmo ondulatorio per svolgere i suoi compiti? Perché qualsiasi compito, per potersi espletare, ha bisogno della integrazione in network di aree
cerebrali separate e, spesso, anche molto distanti tra loro.
Ad esempio, quando percepiamo un oggetto, il nostro cervello lo scompone in una serie di qualità, relative al colore, alle dimensioni, ecc., che vengono elaborate da circuiti separati.
Come avviene poi la ricomposizione in una rappresentazione unitaria è ancora un mistero, ma con certezza, adesso sappiamo che si registra una forte attività oscillatoria di tipo gamma
che unifica popolazioni di neuroni collocati nelle aree visive, nell’amigdala, nell’ippocampo, ne1le aree corticali associative parietali e frontali.
individuate nel cervello delle onde ad elevata frequenza, tra i 30 e 100 Hertz (Hz, cicli al secondo), battezzate gamma.
Nell’ultimo decennio, queste onde hanno ricevuto una particolare attenzione in quanto emergono in concomitanza dello svolgimento di vari compiti legati a stimoli sensoriali, ma anche ai circuiti dell’attenzione e della coscienza. In particolare, diversi studi hanno segnalato l’esistenza di una forte corrente di onde gamma nell’ippocampo, area fondamentale per la memoria. Ma dove è situato il generatore delle gamma e che rapporto c’è tra queste e le altre onde cerebrali e, in definitiva, qual è il significato generale dell’attività elettrica osci1latoria
del cervello? Una prima importante risposta è venuta da un gruppo misto, neuro-fisiologi e ingegneri informatici, guidato da Gyorgy Buzsaki, dell’Università del New Jersey. Con un
ampio articolo, pubblicato sulla rivista Neuron, Buzsaki e colleghi dimostrano che una particolare area dell’ippocampo, denominata CA3, costituita da grandi neuroni cosiddetti piramidali, contiene il generatore del ritmo gamma. Questi neuroni sono davvero speciali: sono, infatti, dotati di notevoli ramificazioni e di una intrinseca capacità oscillatoria. Da loro, parte un ritmo che, via via, pervade le altre aree dell’ippocampo proiettandosi, a seconda delle necessità, in diverse direzioni.
L’anno scorso, lo stesso studioso, sempre su Neuron, aveva dimostrato che dalla medesima area ippocampale (CA3) si origina il ritmo di un’altra classe di onde, non ad alta frequenza come le gamma, ma a bassa (4-8 Hz), denominate teta. Qual è il rapporto tra i due ritmi cerebrali?
È stato visto che, in assenza di ritmi teta, i gamma non scompaiono, ma sono disordinati e meno potenti. È evidente quindi che l’oscillazione teta mette in fase e potenzia anche l’oscillazione gamma. Il teta è il ritmo di fondo dell’ippocampo che sincronizza altri ritmi ed è ciò che consente a questa area cerebrale di svolgere compiti legati alla formazione di nuovi ricordi e al richiamo di quelli già codificati.
Ma perché il cervello ha bisogno di un ritmo ondulatorio per svolgere i suoi compiti? Perché qualsiasi compito, per potersi espletare, ha bisogno della integrazione in network di aree
cerebrali separate e, spesso, anche molto distanti tra loro.
Ad esempio, quando percepiamo un oggetto, il nostro cervello lo scompone in una serie di qualità, relative al colore, alle dimensioni, ecc., che vengono elaborate da circuiti separati.
Come avviene poi la ricomposizione in una rappresentazione unitaria è ancora un mistero, ma con certezza, adesso sappiamo che si registra una forte attività oscillatoria di tipo gamma
che unifica popolazioni di neuroni collocati nelle aree visive, nell’amigdala, nell’ippocampo, ne1le aree corticali associative parietali e frontali.
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