Accidenti,
si è rotto!!! Una serie di imprecazioni di intensità e gravità crescente
turbano la quiete di quella amena giornata di sole, Mario Rossi era l’essere
umano più felice della Terra. Aveva ottenuto un giorno libero dal lavoro, un
lavoro estenuante, faticoso, in un ambiente insalubre e pericoloso, l’aveva
ottenuto con fatica da un datore di lavoro sgarbato, faticando a trovare il
coraggio di chiedere quella giornata di ferie. La moglie che vedeva ad ore
programmate del giorno e che ormai era parte della sua vita più abitudinaria
era dalla parrucchiera. Strano… a pensare che da fidanzati sembravano la coppia
più affiatata del mondo non si sarebbe mai immaginato che il lavoro e la vita avrebbe
minato quel sentimento, lo avrebbe eroso dall’interno a furia di turni,
irritabilità, insoddisfazione, insofferenza… il tutto per potersi permettere
una vita apparente, di facciata.
Ferie
al mare, appartamento indipendente con piccolo cortile affacciato al retro di
un palazzone, settimana bianca, ciabattando indolenti d’estate fino
all’ombrellone e sci ai piedi d’inverno, tra discorsi degni di vip e ciarle da
salotto buono. Sempre accanto a persone apparentemente più abbienti (o con
debiti più alti da pagare), sempre a controllare con il tintometro la qualità
del verde del suo vicino. Il signor Rossi Mario… con il suo impiego da operaio
e la moglie commessa in un grande super/iper magazzino, il cuore e la mente a
Dubai “dove li si che ci sono i soldi”. E adesso si è rotto!!! Il televisore,
il grande amico che sussurra nel buio della sala da pranzo, tra un Beautiful e
una partita di serie a, il grande consigliere che dice sempre la verità, si è
rotto. Non parla più e non mostra più le immagini che tanto lo divertono. Già
ne sente la mancanza e si chiede come farà ora a comprarne uno nuovo, doveva
ancora finire di pagarlo ed una ridda di pensieri su garanzie, assistenze, e
scontrini da cercare nel caus del cassetto portatutto gli affollano la mente ormai
piena fino all’orlo di ansia. Probabilmente la moglie lo incolperà di qualcosa,
magari ha toccato la spina, o può essere l’antenna… una sapiente incompetenza
che da sempre i suoi frutti maligni. Sarà ancora il pretesto per mortificarlo,
lui che non ha mai chiesto un aumento come Luigi, il marito di Carla (lui si
che è un uomo con le palle). Ora lo spazio vuoto dove prima c’era lo scatolo
delle meraviglie appare come l’alveolo di un dente mancante, o ancora di più,
un’orbita vuota di un teschio. Desolante come un campo di calcio a fine
partita.
La
mediocrità scende come un sudario su Mario Rossi che si sente sfumare come la
dissolvenza di un “the end” di un film in bianco e nero… Quello stesso giorno
Piergiorgio Galassi, si sente soddisfatto. Ha finito di scrivere il suo secondo
libro, ha una vita piena zeppa di interessi e le sue passioni sono la scrittura
e la pittura. Colleziona libri e li divora con la stessa frenesia che prova
quando ne compra di nuovi. Non si chiede come farà a far spazio nella sua
casetta ad altri volumi e con il tempo sarà costretto a impilare più file nella
libreria. La sua compagna di vita lo guarda con indulgenza mista ad affetto, lo
vede come un genio un po’ pazzo e gli perdona le sue piccole mancanze.
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Smeagol diventa Gollum, schiavo dell’Anello del Potere nella
saga del “Signore degli Anelli”
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Entrambi hanno qualcosa che, una volta perso, potrebbe portare dolore e sofferenza.
Il
segreto consiste nel non attaccamento, che le catene siano di ferro o d’oro
rimangono catene, e attaccarsi alle cose è sempre un vincolo che vi obbliga a
temere la loro perdita, lo dimostra il più ordinario Mario Rossi, ma anche il
nostro Piergiorgio Galassi, sebbene in modo meno manifesto.
Attaccamento e sofferenza sono una
equazione certa e turbano la tranquillità dell’uomo. Una pipa che si rompe
irreparabilmente, una macchina da demolire, un’autoradio rubata, un libro
perso, ad esempio, creano sempre una sensazione di perdita proporzionalmente
alle iterazioni karmiche create attorno all’oggetto perso. Esiste una serie di
legami karmici che si creano tra l’oggetto fisico proporzionale al desiderio
che si prova verso esso ed agiscono come
un’impronta nella nostra anima creando una controparte virtuale. Questa sorta
di “simbolo” ( συμβολον [súmbolon] (segno)
che a sua volta deriva dal tema del verbo symballo dalle radici σμ- (sym-,
"insieme") e βολ [bolḗ] ("getto"), avente il
significato approssimativo di "mettere insieme" due parti distinte.
Fonte Wiki) crea idealmente una situazione di “vuoto”/”pieno” tra la realtà
osservata ed osservatore, tra l’oggetto appartenuto ed il possessore. Dalla
cosmologia alla Geologia, dalla Paleontologia all' Antropologia, risalendo
dall'osservazione astronomica (ex astrologica) e/o astrofisica a quella
ontologica, confortata dai dati in possesso della ricerca microbiologica, ci
sono serie conferme sulla attendibilità di un processo che ha portato allo
sviluppo di un fenomeno apparentemente unico: a partire dalla apparente
comparsa della vita biologica sulla superficie della Terra, c' è stata una
lunghissima evoluzione, durata miliardi e miliardi di anni, che ha portato l' Universo
Organico, l' OSSERVATO, un sistema interamente vivente ed intelligente, ad
assumere lo stesso corpo del suo stesso OSSERVATORE.![]() |
Il Drago Smaug dello “Hobbit” protegge il suo tesoro di cui
è schiavo
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[...] Con una persistenza che sfiora l’alienazione, un programma intelligente, inserito dalla cultura dominante, scientifica e biologica, nel cervello umano da millenni, come fosse un microchip, in modo che il pensiero degli individui ne risultasse polarizzato per via genetica e culturale, ha prodotto il dualismo tra l’OSSERVATORE e l’OSSERVATO (Fonte Scienzaeconoscenza.it). Si tratta di un dualismo che induce al desiderio e da ciò all’attaccamentio. Il voler superare il dualismo tra desiderio e possesso implica sofferenza; e citando una frase attribuita a Gautama Buddha: “dall’attaccamento sorge il dolore, dal dolore sorge la paura; per colui che è totalmente libero, non c’è attaccamento, non c’è dolore, non c’è paura”.
Ad ogni modo, potrei affermare che non si può essere “totalmente liberi”, né mi convince l’idea che senza attaccamento “non c’è dolore”; una certa percentuale di dolore è presente anche in chi non è attaccato alle cose (anche se questa in breve tempo si diluisce nel vivere quotidiano e anche gli ancoraggi karmici legati alle cose appartenute si dissolvono lasciando spazio alla libertà, consapevoli che ogni cosa possiede una durata sia karmica sia “meccanica”).
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